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Oh no, è di nuovo Natale!

Ancora una volta, come tutti gli anni, è di nuovo Natale. Com’è ormai tradizione dire, a Natale siamo tutti più buoni, no?! Forse no: quella era la pubblicità della Bauli, ma la verità è che siamo tutti più esausti ed esauriti. Ogni anno gli italiani spendono sempre di più in regali, ognuno di noi impazzisce per trovare quello giusto, ma, alla fine, tutto sfocia sempre in una vana formalità che non rende felice nessuno e riempie di stress un periodo che dovrebbe essere di riposo, condivisione e anche di pausa, per riflettere. Inoltre, il regalo viene visto come un pugno al quale bisogna disperatamente rispondere, e questo genera un’infernale reazione a catena per la quale tutti si ritrovano schiaffati in un centro commerciale, tentando di fare breccia tra la folla, magari con un passeggino, per cercare un oggetto privo di significato. Il regalo aveva senso un tempo, quando le persone sapevano cosa desideravano, ma ora che tutti abbiamo tutto, a che serve? Serve alle multinazionali per fare tanti bei soldini, magari sulle palle di Natale che divengono ogni anno più grosse. Questo non mi sembra un regalo ma piuttosto un’enorme colletta di miliardi di euro, che di certo a noi non mancano, ma a qualcun altro sì. Tutto si riduce ad un dazio pagato ad un sistema che ci tratta come macchine soggette a un moto caotico e prevedibile, da soggiogare e spolpare sempre più intensivamente ogni anno. Facciamoci allora tutti finalmente un vero regalo: abbandoniamo questi formalismi e cerchiamo di svincolarci da inutili convenzioni. Poi, se proprio dobbiamo comprare, acquistiamo qualcosa di veramente utile che magari non potevamo permetterci prima  ed evitiamo di trasformare il Natale in un’inutile ed affannosa ricerca di cose futili. Se poi dovesse avanzare qualcosa, sarebbe bello ricordarsi di chi quel qualcosa non può permetterselo.

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Santa Cecilia, un bagliore di libertà in un torrente di indifferenza

Presso l’Istituto Salesiano è convenzionalmente svolto, uno spettacolo dedicato a Santa Cecilia all’interno del quale alunni e professori danno sfoggio delle proprie competenze idonee  all’intrattenimento del pubblico composto anche esso da docenti e alunni. In seguito le loro prestazioni vengono classificate dando cosi vita a una competizione amichevole, solitamente riguardante il canto o l’utilizzo di uno strumento musicale. Un’usanza molto particolare in cui tra conduttori divertenti, occasione di mettersi in gioco donando anche solo un sorriso al pubblico è pretesto per conoscerci meglio; creando così un contesto non scontato e non tipico della vita di tutti i giorni, nel quale si ha l’occasione di vivere al meglio lo spirito salesiano.

Quest’anno però, la nuova edizione non ha potuto avere luogo, a causa della carenza dei partecipanti, dichiaratosi eccessivamente giudicati e condizionati dal pubblico. Alcuni di essi, solitamente partecipano  a manifestazioni intrattenendo un pubblico ben più vasto e pure il contesto salesiano  provoca loro disagio.

La causa è da ricercarsi probabilmente in degli atteggiamenti assunti generalmente di disapprovazione, svalorizzazione e ridicolizzazione nei confronti di  coloro che si propongono, al fine di garantire la creazione di un atmosfera di fratellanza e condivisione, infranta dai comportamenti del pubblico.

l partecipanti, sono stati soggetti a  esclusione, affermazioni offensive nonché pubblicizzazione, ovviamente non autorizzata, sul web della loro prestazione al solo scopo di ridicolizzarli. Tale reazione da parte degli studenti spettatori è riconducibile ad una distorta visione della modalità di arelazionarsi, che pone come presupposto la banalizzazione e la e la visione superficiale della realtà. Di conseguenza  la capacità di mettersi in gioco, di esprimere la propria interiorità viene considerato un aspetto da non esternare nella vita sociale. Si è troppo schiavi di un immagine rappresentativa di se stesso che si cerca di imporre attraverso  la banalizzazione non solo della realtà ma anche della propria persona. Quando si vede allora un individuo libero, capace di esprimere  in qualsiasi modalità disinvoltamente la propria individualità, si prova invidia paura si sente la propria coscienza vacillare distogliersi da quella immagine deformata che noi, il nostro contesto sociale ci impone. Tale inconscia consapevolezza spinge a ridicolizzare un espressione che costringe a mettersi in discussione e imporre disperatamente una realtà vuota.

Tutto ciò a causa del conformismo, della tendenza ad evitare l’auto-giudizio che all’interno degli alunni appartenenti alla istituto salesiano è molto presente. Un contesto chiuso in cui tutti sono coinvolti in un processo che fonda come presupposto realtà vane azioni indegne a tratti infantili un illusione uno stato di stasi in cui si è immersi e ogni specchio che conduce all’auto-giudizio all’interno di questo stato dormiente viene riconosciuto come estraneo.

I ragazzi partecipanti, erano a mio avviso quel tentativo di contrastare quella realtà, e il loro gesto dello scorso anno, anche se apparentemente insignificante ha avuto un grande valore. Tutti dovrebbero vincere la vergogna, essere se stessi e non rendersi dipendenti da un falso archetipo che la ricerca di un armoniosa congruenza tra individui che si relazionano impone, non trovando una condivisione che valorizzi l’individualità di ognuno, per contrastare una  realtà che nel profondo nessuno accetta e a cui nessuno ha la forza di opporsi

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Campo animatori 2014: nascono i “Fondatori con Don Bosco”

Dal 9 all’11 novembre 2014 si è tenuto, presso la casa salesiana di Sant’Eramo in Colle, il Campo Animatori 2014/2015 sotto il tema dell’”Ordine della Fenice”. L’obiettivo era proprio quello di creare, come si trovano a fare i personaggi della saga potteriana, l’Ordine degli Animatori: i “Fondatori con Don Bosco”.

L’esperienza di quest’anno è stata di gran lunga diversa dal tradizionale campo animatori per alcuni aspetti: la presenza tra l’equipe pastorale di ben tre animatori dell’oratorio (Riccardo De Lucia, Silvana Di Giacomo e Davide Baccaro), per unificare due realtà, quali oratorio e scuola, fin ora troppo distanti. La seconda novità riguarda l’insolito ruolo occupato da Don Massimo che ha dedicato le 72 ore a colloqui singoli con ciascuno di noi, per discutere sullo stato di salute dell’Animazione ad oggi, e sui possibili cambiamenti da apportare ad essa.

Le finalità di quest’esperienza erano sostanzialmente due: analizzare il proprio cammino di animatore, attraverso le diverse condivisioni comunitarie e creare il regolamento dei “Fondatori con Don Bosco”.

Entrambi gli obiettivi sono stati raggiunti, grazie ad una coesione tipica di un vero gruppo e ad un’eccezionale equipe pastorale. Non a caso loro sono il Top del Top: Federico Di Pippo e Giusy Razzano a cui vanno aggiunti gli animatori dell’oratorio e l’instancabile Don Massimo.

Il neo-regolamento degli animatori, che inizia con la citazione di Papa Francesco “Io sono una missione su questa terra”, ha richiesto oltre otto anni di lavoro; finalmente, però, possiamo dire: <<Ce l’abbiamo fatta!>>. Con esso nascono i “Fondatori con Don Bosco”.
La peculiarità del Regolamento stilato non sta tanto in ciò che impone, quanto nella modalità con la quale le oltre 30 regole sono state messe in piedi: esse sono il frutto del confronto e del discernimento di tutti i partecipanti al campo.

Insomma, quest’anno è ricaduto su noi animatori una responsabilità non indifferente: cementificare le fondamenta del nostro ordine. Si potrebbe quasi dire che questo sia stato il miglior campo animatori poiché – grazie ad esso – ora apparteniamo ad un ordine, una famiglia, simile a quello del film della saga di Harry Potter.

Il campo “Ordine della Fenice”, quest’avventura vissuta insieme, ci ha fatto capire che la vera responsabilità è quella che il lavoro svolto nella tre giorni non è fine a se stesso, ma sarà la base delle future generazioni di animatori che speriamo possano essere migliori di noi anche grazie a noi.

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Giocando con Orlando con Stefano Accorsi-Marco Baliani

Recentemente al teatro comunale di Caserta c’è stato un bellissimo spettacolo con due attori molto acclamati: Stefano Accorsi e Marco Baliani.

I due attori sono diventati noti al grande pubblico soprattutto  grazie a due film: “Romanzo criminale” e “La ragazza del lago”.

Lo spettacolo in questione  si intitola “Giocando con Orlando” ed è diretto dal 2012 dallo stesso Marco Baliani. Racconta la storia del noto personaggio letterario Orlando, mettendone in risalto l’amore, che lo ha privato perfino della ragione.

L’idea del regista è stata molto innovativa, perché  la messa in scena non ha previsto personaggi diversi,  ma il racconto di duesole persone, destinato a sollecitare l’immaginazione dello spettatore.

Il pubblico ha risposto con entusiasmo, tributando lunghi applausi ai protagonisti e mostrando di avere apprezzato questo tuffo nella letteratura classica.

Luigi Massa
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Anche ai Salesiani: NO ALLA DROGA!

Sabato 18 Marzo nel teatro salesiano si è tenuto un convegno sulla droga, a cui hanno partecipato le classi triennali del liceo. I relatori sono stati don Massimo e la professoressa Savastano che hanno presentato ed intervistato due persone che hanno reso la loro testimonianza dell’esperienza di chi ha vissuto e vive in prima persona la lotta contro la droga.

Il primo è stato Claudio, il padre di un giovane tossicodipendente che sottraeva oggetti di valore alla famiglia per procurarsi la dose di droga. In un momento di lucidità il giovane, resosi conto del male che stava procurando ai suoi genitori, ha chiesto il loro aiuto e così è stato accolto presso la comunità di san Patrignano, che da molti anni si occupa del recupero dei tossicodipendenti. In questa casa-famiglia i giovani non solo vengono aiutati a disintossicarsi, ma vengono anche avviati al lavoro.

La seconda testimonianza è stata quella di un ex-tossicomane, Francesco, il quale ha spiegato le ragioni che lo hanno spinto a drogarsi e la grande difficoltà con cui è riuscito a disintossicarsi. Ora Francesco è sposato con figli e tramite un’associazione collabora con san Patrignano.

Il messaggio che hanno voluto trasmettere è stato forte: la droga rovina la vita non solo di chi ne fa uso ma anche dei suoi familiari e delle persone che gli vogliono bene, inoltre uscirne richiede una grande forza di volontà ed è un percorso lungo e tortuoso che richiede l’aiuto di esperti e un ambiente nel quale i giovani possano ritrovare fiducia in se stessi e negli altri.

Infine sono stati visti degli spot forniti dal sito “noalladroga.org” che mostravano gli effetti disastrosi che provoca ogni tipo di droga.

Francesco Massa

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I valori animati

L’ educazione dell’ infanzia

Come i cartoni aiutano nell’educazione di un bambino

Come tutti sappiamo, i primi ad educare un bambino sono i genitori, persone di grande responsabilità che devono aiutare i propri pargoli a saper discernere in ogni situazione il bene dal male. Dobbiamo però anche capire che non sono mai lasciati soli in questo compito, i bambini imparano da tutto ciò che fanno: dalla scuola, dal parco in cui vanno a giocare ed in molti casi anche dalla buona televisione! I bambini dai 5 ai 10 anni molto spesso sono lasciati dai genitori davanti alla tv per problemi di lavoro o semplicemente per un disinteressamento e anche in questa circostanza i bambini stessi non perdono occasione di fare propri alcuni valori. Se il pargolo guarda il programma “Uomini e donne” dove i partecipanti urlano per far “avverare” una propria ipotesi, il bambino crescerà con la convinzione che per ottenere qualcosa debba urlare quanto più possibile. Se il bambino invece vedesse dei programmi educativi come “History channel”, si sentirebbe probabilmente annoiato, con la possibile conseguenza che non apprenderebbe valori né tantomeno accrescerebbe la propria cultura. L’ unica cosa che nella maggior parte dei casi interessa  a un bambino in tv sono i classici cartoni animati. Molti di questi a primo impatto potrebbero sembrare violenti e diseducativi, ma guardati nel loro complesso e con un occhio più attento si possono notare quei giusti valori che a un bambino rimangono impressi. L’esempio più chiaro che potremmo fare è la celeberrima saga di “Dragonball”, che ad una prima visione distratta può sembrare solo violento, invece nasconde un grande senso si amicizia da parte dei protagonisti principali Goku e Vegeta, ed inoltre trasmette il valore della tenacia e della difesa dei più deboli e di ciò che si Ama e della lealtà. Persino la serie di “Lupin”, noto ladro, lascia impressi i valori della tenacia e dell’amicizia poiché i protagonisti, nonostante molte disavventure, restano sempre insieme aiutandosi l’un l’altro. E potrei elencarne molti altri. I valori sopracitati sono dei cardini fondamentali per una buona società e per un buon futuro.   

                                                                                              Di Guglielmo Costume

 

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“L’unica vera ricchezza che ci rimane sono gli amici”

I RITIRI SPIRITUALI: UN’ESPERIENZA DA VIVERE FINO IN FONDO, UN ARTICOLO DA LEGGERE FINO ALL’ULTIMO PUNTO!

Mi sembrano le parole più azzeccate per descrivere questa magica esperienza.
In questi 4 giorni ho capito quanto fossero importanti gli amici e di quanto sia stata fortunata a frequentare una scuola come questa. Abbiamo avuto la possibilità di arricchire o consolidare le nostre amicizie e tutto grazie ad una forza motrice: l’animazione. Parlo sia da animatrice che da animata quando dico che esperienze come queste vanno fatte poiché sono delle opportunità per conoscere qualcosa in più degli altri, capire quanti gusci esteriori e maschere ognuno di noi indossa, per piacere agli altri e anche per tutelarsi.
Ecco, questo è stato il vero e proprio fulcro del nostro ritiro ’Daniele nella fossa dei leoni’:Le maschere.
Abbiamo imparato che indossiamo ogni giorno qualche maschera non rendendoci conto del fatto che nascondiamo la parte più bella di noi stessi.
Ma prima di dirvi tutto ciò dobbiamo iniziare dal 20 marzo 2013, giorno della partenza del biennio per Santeramo in colle(BA).
Presi i bagagli e sistemate le ultime cose siamo partiti verso mezzogiorno con un pullman a due piani. Il viaggio trascorso tra risate e canzoni è durato alcune ore fino a quando non siamo poi arrivati a destinazione.
Date le sistemazioni, ognuno ha preso posto nelle stanze sistemando le proprie valigie. Dopo poco ci siamo tutti recati in un enorme salone. C’erano ragazzi di tutte le seconde e non vi erano più classi e sezioni, scientifico o classico, ma vi erano solo amici. Erano passate poche ore ma la scuola sembrava un ricordo ormai lontano, come se fossero iniziate le vacanze o avessimo finito il liceo. Mentre aspettavamo che Don Massimo parlasse, si potevano notare ragazzi e ragazze che ridevano, si facevano foto con gli i-phone o che parlavano del più e del meno.
Appena Don Massimo iniziò a parlare tutti si ammutolirono. Vennero spiegate un po’ le attività che avremmo dovuto svolgere durante la giornata ma noi ragazze del II classico eravamo troppo occupate a pensare ad altro. Avevamo pensato di preparare una torta per il compleanno di una ragazza.  Non appena tutti se ne andarono, filammo di corsa in cucina. Nutella, Pan di stelle, latte e panna, gli ingredienti c’erano tutti non mancava che mettersi all’opera. Sentivo che eravamo nel pieno spirito di santità di cui parlava Don Bosco , ridevamo come matte e eravamo meticolose in ogni minimo passaggio. C’era qualcuno che faceva video perché voleva tenersi quel momento geloso tutto per sé e chi invece intingeva le dita nei residui di nutella. Senza nemmeno accorgercene passò un’ora e al termine della torta eravamo soddisfatte del nostro mini- capolavoro. Era quasi ora di cena e appena entrati nel refettorio tutti correvano per accaparrarsi il posto migliore.  Era tutto squisito ma eravamo in trepidazione per vedere la faccia sorpresa della nostra festeggiata Giusy alla visione della torta. La reazione fu del tutto positiva e quando entrò la torta mentre tutti gli altri cantavano a luci spente ‘buon compleanno’ il suo sorriso sostituì mille parole.
Della torta non ne rimase neanche una briciola e verso le dieci iniziò la prima serata. Giocammo a trivial, gioco di alcuni mimi e qualsiasi cosa risultava divertentissima. Qull’ora volò e si concluse ancora meglio. Don Massimo concluse la serata con una splendida buonanotte in cui ci parlava del fratello ormai defunto, ci ha fatto capire il vero significato della vita e di quanto sia importante tenercela stretta.
Con le sue parole qualcosa si mosse nel cuore di ognuno di noi, era visibile. C’era qualcuno che aveva addirittura gli occhi lucidi, a cui tremavano un po’ le mani.
Andammo a dormire ma quelle parole almeno per me, avevano davvero lasciato il segno. Erano parole sincere vere e dette con il cuore, parole che solo un uomo come lui avrebbe potuto dire. Io e la mia compagna di stanza ci addormentammo subito tra una chiacchiera e l’altra ma pensando comunque  a ciò che avevamo ascoltato qualche minuto prima.
Il giorno seguente fummo svegliati in un modo del tutto particolare, Don massimo passava per i corridoi con la sua solita chitarra cantando a squarciagola destando qualche commento di fastidio da alcuni.
Preparati e vestiti la giornata non potè iniziare meglio, su ogni tavolo vi erano cornetti, nutella, latte e merendine. Con la pancia piena iniziammo la preghiera del mattino in modo del tutto diverso dal solito. Incontrammo il nostro  ‘Daniele’ con una scenetta interpretata unicamente da Don Massimo. Sembrava tutto così reale e Daniele spiegava al suo re che il suo Dio era l’unico che avrebbe potuto venerare , l’unico che gli avrebbe potuto dare forza e soprattutto l’unico che non avrebbe dubitato di lui. Daniele non indossava nessuna maschera, quella era la sua faccia ma quanto a noi quella era davvero la nostra faccia?
Quella domanda scaturì fiumi di parole che si affollavano e intersecavano nella mente ma avrebbero trovato pace solo con l’inizio del ‘deserto’. Mezz’ora di pura solitudine in cui potevi gettare su un foglio i tuoi pensieri e dire tutto ciò che ti tenevi dentro. Dopo di che ci ritrovammo ognuno nei propri gruppi e iniziammo la condivisione. Ognuno di noi aveva scritto sul proprio foglio qualcosa, ma c’era qualcuno che si nascondeva e qualcun altro che non vedeva l’ora di dire la sua. Le maschere sono la cosa più brutta che possa esistere, lasciamo da parte la nostra vera essenza, costruendoci delle barriere che ci limitano e in un certo senso non fanno respirare quel che il nostro vero ‘io’. Abbiamo sempre paura che qualcuno possa ferirci e che possa lasciare ferite profonde e penetranti nella nostra carne. Ognuno di noi ha ammesso di indossare una maschera e da qui si è incominciato a spaziare su vari temi. Forse il problema era che nessuno di noi riusciva ad ammettere il fatto che i veri amici non siano quelli di cui ci siamo circondati. Gli amici in realtà dovrebbero spronarti a mostrare il meglio di te, a lasciare che nemmeno un briciolo della tua personalità rimanga incastonato, nascosto dentro di te. E forse quel ragazzetto con gli occhiali e la felpa grigia aveva ragione: quando capirai che il meglio di te deve uscire, lì allora saprai amare. E mentre esprimevamo le nostre emozioni, continuavamo a tenere qualcosa chiuso in noi.
L’atmosfera cessò quando si fece ora di pranzo e come lupi ansiosi di mangiare ci recammo in refettorio. Terminato il pranzo, ognuno di noi era libero di fare ciò che desiderava. I campetti al di fuori della casa sembravano quasi chiamarci e gridarci di andare verso di loro. Nessuno di noi ci pensò due volte e sia maschi che femmine scesero di corsa. I tiepidi raggi di sole illuminavano l’asfalto e una leggera brezza cullava i rami di pino che circondavano l’intera struttura. Quasi tutti i ragazzi giocavano a pallone, mentre quelle poche ragazze che erano lì facevano foto, il tifo oppure si dilettavano in ruote e verticali.
Ad una cert’ora si unì a noi anche Don Massimo che invitò tutti ad andare nel campetto di erba sintetica. Nonostante si fosse alzato un vento alquanto forte, tutti erano presi nelle proprie attività. Al termine della partita tutti tornammo dentro e dopo docce e shampii, ci ritrovammo verso le 4 nel salone principale per la visione di un film il cui protagonista era un certo Iqbal. Con la visione abbiamo scoperto che Iqbal era un bambino divenuto schiavo per le fabbriche di tappeti a soli 5 anni. La vita per lui era dura e nonostante fosse volenteroso i proprietari delle fabbriche non sembravano mai soddisfatti.Con gli occhi lacerati dal dolore guardavamo delle scende inquietanti. Bambini che lavoravano dalle 18 alle 22 ore, pedofilia, ragazzini rinchiusi per giorni in una tana sotterranea senza cibo né acqua. Facevamo quasi fatica a credere che tutto ciò fosse vero, non riuscivamo quasi ad ammetterlo. Ripensandoci adesso però dico che Iqbal è un vero e proprio eroe, con le sue testimonianze ha liberato milioni di bambini e ha voluto rivendicare i propri diritti. Ma purtroppo per Iqbal non c’è stato nulla a salvarlo da quei colpi di mitragliatrice. Con quei colpi sordi eravamo stati colpiti tutti che un po’ assonnati e scossi credevamo quasi fosse irreale, invece Iqbal era vissuto ed era anche morto per davvero. Ecco lì di nuovo quei fiumi di parole che non trovavano pace. Perché quel dono così prezioso quale la vita, ad Iqbal è stato sottratto?
Iniziammo subito dopo la preparazione della serata e ci dividemmo in maschi e femmine. L’argomento era chiaro, una sfida tra sessi. Ci dovevamo battere su sfide di canto, ballo, ma soprattutto dovevamo preparare una scenetta satirica sugli atteggiamenti dei ragazzi. Delineati i profili di chi avremmo dovuto imitare andammo a mangiare e sembrava, come al solito, che avessimo un buco nello stomaco.
Quando iniziò la serata le risate sembravano non cessare più, vedere che nonostante la satira alquanto pungente quasi tutti ridevano era una gioia che riempiva il cuore. Ragazzi truccati con tanto di rossetto e eyeliner e ragazze con micro-baffi disegnati al di sopra della bocca.
Ogni scenetta era accompagnata da una fragorosa risata e quasi nessuno si innervosiva o rimaneva allibito da qualche piccola battutina. L’ordine fu ripristinato con la buonanotte dell’unica ex-allieva presente a quel ritiro: Federica. Una ragazza che mi ha sempre ispirato fiducia sin dal primo momento, saranno quei suoi occhiali enormi che le incorniciavano il volto o la sua frangetta ribelle che le copriva completamente la fronte. Forse quella buonanotte ci commosse ancor più della precedente. Vedere che una ragazza, che parla del proprio padre ormai defunto come un ricordo ancora fresco, ti smuove dentro. Forse ripensandoci non avrei mai avuto la stessa forza di quella ragazza, sarà che a 13 anni si è ancora inconsci e non del tutto capaci di ammettere un lutto del genere. Quelle parole come la sera precedente penetrarono dentro di me e si incollarono direttamente al cuore come se quello fosse diventato anche un mio ricordo.
La serata si concluse con un ‘Padre Nostro’ cantato in brasiliano e stanchi ci gettammo nei nostri letti abbandonandoci ai dolci sonni.
Il giorno seguente iniziò in modo ottimale come il precedente e dopo aver fatto una sana colazione ci ritrovammo di nuovo in quel salone dove avvenivano dei momenti alquanto magici. Al solito modo incontrammo Daniele, incontrammo la fiducia, quella che il suo re non gli aveva dato, gettandolo nella fossa dei leoni. Il deserto si basò proprio sulla fiducia, su quanto fosse importante e quanto fosse strettamente collegata alla verità. Durante le condivisioni tutto ciò che ci tenevamo dentro usciva come un fiume in piena e forse solo pochi giorni fa abbiamo capito che fidarsi è la cosa più complicata di tutte, affidare la propria anima nelle mani di un altro, dire ‘io mi fido di te ’, essere disposti a perire per quell’ipotetico lui. L’unica forza motrice è proprio l’amore, senza il quale nulla esisterebbe. Ma la cosa più importante emersa è stato il perdono. Difficile perdonare, quasi impossibile, tanto da non considerarne proprio l’idea.
Dopo di che fino ad ora di pranzo ci fu una pausa nella quale tutti si recarono fuori per assaporare quei primi  timidi raggi sottili che Santeramo offriva.
Il pranzo come al solito fu divorato e qualcuno si stupiva per le quantità industriali ingerite da qualche altro compagno. Dopo il pranzo, come fatto il giorno prima, approfittammo dello splendido clima. Chi giocava a pallone, chi si distendeva sui gradoni sperando di ottenere un po’ di abbronzatura anticipata e qualche ragazzo che veniva preso in giro da qualche animatore. Scherzi a fin di bene s’intende, ma che hanno turbato un po’ colui che ne era il destinatario. Scherzo concluso con un lieto fine ovviamente ma che inizialmente non era stato ben inteso. Forse sarà stata la ricerca di questo famoso e inesistente ‘terlizio’ a sconvolgere quelle che erano le conoscenze di noi ragazzi? O il fatto che neanche google riuscisse a portare nessuna notizia su quest’oggetto sacramentale da animatori inventato?
Anche in questa occasione non sono mancati risolini e cenni d’intesa e ormai sembrava che qualunque cosa si dicesse fosse in perfetta armonia con le cose precedenti.
In questo clima di serenità non è mancata la spiritualità che avrebbe caratterizzato il pomeriggio e la notte. Durante il pomeriggio con l’arrivo di Don Fabio la religiosità incominciò ad invadere ogni angolo della casa. Il pregare, il meditare non furono per nulla un peso e nel frattempo, grazie all’aiuto degli animatori nel salone, si scrivevano poche righe in merito ad argomenti già affrontati. Venivamo accompagnati da canzoni, immagini il cui tema principale erano i 5 elementi, che un po’ esprimono quasi tutte le nostre sensazioni, emozioni.
Al di fuori del salone scena altrettanto spirituale arricchiva quell’ambiente. Le confessioni erano iniziati e questa volta non contava quanti peccati avessimo commesso, ma se fossimo riusciti a battere i confini e mostrarci senza maschera. Poco prima di tutto ciò avevamo affrontato l’ultimo incontro con Daniele alla solita maniera.  Daniele oramai salvo anche dopo un’intera nottata nella fossa dei leoni, accusa il re ed il popolo per aver condannato una donna ritenuta adultera, senza prima averne verificato la realtà dei fatti. I due testimoni rivelatisi dei bugiardi avevano quasi condotto a morte una povera innocente, ignorando che la stessa sorte sarebbe adesso toccata a loro.
Daniele oramai era quasi reale nella nostra testa e sembrava alcune volte di percepirne la presenza. Mai agitatami per una confessione, quella volta, come tutti dal resto, avevo paura. Paura che il Signore non mi perdonasse o che peggio non riuscissi a dire tutte le mie colpe e tutte le mie ansie. Al contrario dei pensieri le azioni si svolsero grandiosamente. Tutti coloro che uscivano dal confessionale avevano una faccia distesa, serena, riposata, come se qualcuno li avesse ripuliti per bene. Forse era questa la cosa che dovevamo capire, in quanto a qualsiasi tipo di sentimento da noi provato, sia esso di buona o cattiva natura, Dio continua ad amarci, perdonarci, rispettarci. La domanda sorge spontanea: “Come può un essere provare tanto amore?” Queste son domande a cui sapremo rispondere solo una volta passati dall’altro lato, ma per ora possiamo limitarci a credere che tutto ciò sia incredibile.
A proposito di cose incredibili quella serata non fu da meno. Scenette satiriche sui vari episodi di Daniele furono presentati da ogni gruppo, poesie quasi forzate furono declamate da ragazzetti timidoni a qualche ragazzina. La serata quella volta finì presto, ci dovevamo preparare alla visione e alla veglia con il Santissimo.
Ci recammo tutti in una cappellina, allestita quasi come se fosse festa. Tappeti morbidi e colorati ricoprivano quasi i tre quarti di pavimenti e tutt’intorno vi erano sedie. Dinanzi a noi un altare, con una struttura dorata la quale sorreggeva il corpo dell’Altissimo. Fino a mezzanotte inoltrata pregammo tutti insieme tra sbadigli e stupore. Dicevamo il rosario alternando le voci e ad ogni pausa, un animatore parlava delle sue esperienze passate e di quanto lo avesse cambiato quella attuale. Alcuni discorsi facevano scendere le lacrime e in quella micro saletta tutto sembrava amplificato. Giunta l’ora, ognuno di noi ragazzi incominciò ad alternarsi per i turni notturni. Sembrava tutto un sogno e pareva di sentire il respiro caldo del Signore sulla nostra pelle, benché all’inizio se ne fosse impauriti, ci si lasciava ora cullare da quella presenza onni -amante . La mattina seguente tutto parve un sogno, certo un sogno d’oro, ma pur sempre un sogno. Incominciammo a preparare le valigie e a malincuore accettammo l’idea che anche quell’esperienza fosse arrivata al capolinea. Il clima come al solito di gioia mescolata ad eccitazione non mancava mai e il tutto colmò nella celebrazione della Messa, della quale sembravamo tutti davvero provati e lo eravamo per davvero. Fattasi una certa ora ci trascinammo in mensa, emozione mista a sonno prendeva il sopravvento su ogni cosa portando qualcuno a dire o fare cose senza senso. Dopo pranzo fatte le dovute foto e saluti partimmo. In verità credo siamo partiti solo fisicamente perché una parte del mio cuore è rimasta lì e l’altra è stata frammentata e distribuita ad ogni mio compagno di viaggio. Vorrei ricominciare da capo come quei giochi a tempo della Playstation ma mi rendo conto che non è possibile. Stavolta vorrei ringraziare ogni ragazzo, perché senza di lui quest’esperienza non sarebbe stata tale . Concludo dicendo che ovviamente senza la nostra guida spirituale non avremmo potuto fare niente e forse in due anni non saremmo cresciuti così tanto. Grazie Don Massimo, perché con te si è compiuto in pieno quel compito di Santità da Don Bosco assegnato.

Chiara Iaselli

ALBUM FOTOGRAFIE ESERCIZI SPIRITUALI SECONDO ANNO – Fotografie Realizzate da Angela Marzano 

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Gli Esercizi Spirituali? Un’esperienza tutta da scoprire!!!

Noi siamo ragazzi del IV B e vogliamo portare ai nostri lettori una testimonianza di ciò che sono secondo noi i ritiri spirituali. Facciamo esperienze di questo tipo dal primo anno e vi assicuriamo che l’impatto come potete immaginare all’inizio non è stato così facile da reggere, ma poi nel corso del tempo abbiamo cambiato idea. Sono quattro giorni in cui c’è uno scambio “interculturale” ed emotivo continuo che chi vi partecipa porterà per sempre dentro di sé. Ci si ritrova a convivere e a condividere un po’ di se stessi con ragazzi e ragazzi che provengono da ogni parte d’Italia. Si ha l’opportunità di conoscere persone di cui si avverte la mancanza ancora prima di lasciarle, può capitare di parlare con ragazzi coetanei di cui si ha difficoltà a capire il dialetto, troppo stretto per voi!

Ma ci si sveglia al mattino con la voglia di stare con loro nonostante la stanchezza e si arriva a non sentirti più a disagio: immaginate lo stato di confidenza che si era creato, a punto tale che l’ultima siamo stati semplicemente in pigiama davanti a tutti, pensate un po’…!

Quest’anno per noi è stata un’esperienza particolare, perchè purtroppo abbiamo vissuto questo esercizio spirituale per l’ultima volta con le persone a noi più care; ma rifaremmo altre mille esperienze con le stesse persone, nello stesso periodo, e nello stesso posto.

Alla fine non conta DOVE sei ma con CHI sei! Divertitevi anche voi e godete di quei momenti che non tornano più.

Daria Sanseverino, Carmine Cozzolino, Eliana Colamatteo 

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News Rubriche Ufficio Stampa Ultime Notizie

Nel mondo del caos un po’ di silenzio

Noi giovani, al giorno d’oggi, siamo bombardati da distrazioni di ogni genere partendo da FB e dai più sofisticati telefonini, fino ad arrivare alla televisione e ai suoi programmi, spesso osceni, che vengono frequentemente mandati in onda. Il ritiro spirituale di Grumento ha offerto l’esperienza di un distacco da tutto ciò: noi ragazzi del Triennio, immersi in dolci valli e chiusi da affascinanti monti, abbiamo avuto l’opportunità di rilassarci, pregare e riflettere sulla nostra vita e sul nostro essere, cercando una strada per diventare quegli uomini e quelle donne ideali secondo lo spirito umano, ma soprattutto cristiano.

Abbiamo avuto l’opportunità di confrontarci e rapportarci con il prossimo, che sia un nostro amico o un perfetto sconosciuto, grazie ad attività di cooperazione e riflessioni in gruppo. Questa esperienza infatti l’abbiamo vissuta solo noi ragazzi dei Salesiani di Caserta, ma eravamo accompagnati da circa una settantina di ragazzi provenienti da altre scuole salesiani del Sud Italia.

Sicuramente nessuno di noi ragazzi salesiani sarà rimasto illeso ed indifferente dinanzi a questa fantastica esperienza.

Claudia Bernardo

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