“La campana di vetro”, amore d’oltreoceano

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L'ANGOLO DEI LIBRI News

La campana di vetro è l’unico romanzo semi-autobiografico scritto dalla poetessa Sylvia Plath e pubblicato per la prima volta con lo pseudonimo di Victoria Lucas il 14 gennaio 1963 da William Heinemann Ltd. Solo nel ’66 venne pubblicato con il suo vero nome in Inghilterra e due anni dopo, fu pubblicato anche in Italia.

Il libro è composto da 20 capitoli che arrivano fino a 202 pagine (se si conta il romanzo vero e proprio, dato che prima c’è la bibliografia della Plath e a fine libro c’è una raccolta di 6 poesie da Ariel seguito dalla postfazione).

La protagonista della storia è la giovane donna Esther Greenwood, mente brillante ma problematica, che interagisce maggiormente con la sig.ra Greenwood sua madre, Buddy Willard, il suo iconico ex, la dottoressa Nolan, colei che ha incontrato nella clinica percependola come una figura materna (per questo personaggio la Plath si è ispirata alla sua terapista), Doreen la sua amica di New York e Joan Gilling una donna che ha incontrato nella clinica e che non le è mai andata particolarmente a genio, anche se Joan ha affermato che invece Esther le piacesse.

Il romanzo è ambientato principalmente nel 1953, con alcuni flashback ricorrenti ai tempi del college, ed uno scenario che inizialmente si sviluppa a New York, e poi nella sua città natìa ovvero Boston, e infine nella clinica psichiatrica in cui la protagonista viene internata.

Il libro parla di una brillante studentessa di provincia vincitrice del soggiorno, offerto da una rivista di moda, a New York, dove Esther si sente «come un cavallo da corsa in un mondo senza piste». Intorno a lei, l’America spietata, borghese e maccartista degli anni Cinquanta: una vera e propria campana di vetro che nel proteggerla le toglie però a poco a poco l’aria. L’alternativa sarà abbandonarsi al fascino soave della morte o lasciarsi invadere la mente dalle onde azzurre dell’elettroshock.

Personalmente ritengo che La campana di vetro sia uno dei libri più crudi, intensi, scorrevoli e meglio scritti che io abbia mai letto.

Anche se ambientato negli anni ‘50, il libro risulta incredibilmente attuale e moderno sia per il linguaggio utilizzato che per le tematiche affrontate. La Plath trova il coraggio di raccontare temi che all’epoca erano considerati tabù, come quello della sessualità ma anche dell’omosessualità!

Il solo sapere che la protagonista, Esther, è l’alter ego di Sylvia rende la storia ancora più interessante: Sylvia Plath è stata una donna che nella sua vita ha sofferto immensamente, e in questo libro trapela tutto il suo dolore. Infatti, con immenso dolore, la donna si è tolta la vita il mese dopo averlo pubblicato, come un lavoro eseguito per liberarsi dal passato.

Nonostante l’inquietudine causata dalla costante atmosfera cupa e dal fatto che nonostante la malattia, Esther sembri lucida per tutto il tempo, la lettura è scorrevole soprattutto grazie all’ironia di Esther, che viene accentuata soprattutto a partire dalla fine della prima parte, quando la ragazza appare molto instabile emotivamente in un modo che ancora non si è tramutato in schizofrenia, ma che rappresenta il suo sentirsi soffocare proprio come sotto una campana di vetro.

Quest’ultima rappresenta quella soffocante atmosfera, quella pressione caratterizzata dalle aspettative e dai codici di comportamento imposti dalle istituzioni, come la famiglia, l’università, la società in senso lato. La campana di vetro è, quindi, quell’insieme di stereotipi in cui la protagonista si sente incastrata, come in una prigione. È una denuncia al sistema, che intrappolava sessanta anni fa e che, in modo diverso, continua ad opprimere anche oggi.

Il finale è pieno di significato che potrebbe essere considerato come positivo anche se, come si interroga la protagonista, “chi mi assicura che un giorno la campana di vetro non sarebbe scesa di nuovo, con le sue soffocanti distorsioni?” Anche se è il mio preferito, personalmente lo ritengo un libro impegnativo, di sicuro non per tutti e che è riuscito ad affrontare cinque importanti tematiche: dopo la morte si rinasce; la regressione psicologica; delusione dalle aspettative; le donne negli anni ’50 e le problematiche della psichiatria di tutto lo scorso secolo.

La campana di vetro è piena di simbolismi ma i passi che più sono rimasti impressi nella mia testa sono tre: il primo è “Decisi di lasciar perdere tutto quanto. Decisi di lasciar perdere la tesi e di prendere un semplice diploma triennale”; il secondo è “Io mi sentii scomparire, assorbita nelle ombre come il negativo di una perfetta sconosciuta”; e infine il terzo è “Se nevrotico vuol dire desiderare contemporaneamente due cose che si escludono a vicenda, allora io sono nevrotica all’ennesima potenza.”

Queste affermazioni hanno in comune il fatto di essere facilmente immedesimabili ed è per questo che La campana di vetro è un libro vero, doloroso, proprio come lo è a volte la vita.

Greta Spadafora, 1° liceo classico

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