La fattoria degli animali, metafora della società umana

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L'ANGOLO DEI LIBRI

“La fattoria degli animali” è un romanzo satirico scritto da George Orwell. L’idea centrale risale al 1937, ma la sua stesura ha avuto luogo verso la fine del 1943; in seguito è stato pubblicato da Mondadori nel 1947 con la traduzione di Guido Bulla. George Orwell nacque in India nel 1903. Trascorse un periodo della sua vita tra Londra e Parigi, dove proseguí la sua attività di giornalista parallelamente a quella di scrittore di romanzi, descrivendo la situazione disperata dei disoccupati e delle classi più povere in generale. Prese parte alla guerra civile spagnola e questo gli consentì di sviluppare delle ideologie proprie ben definite; Orwell infatti era contrario ad ogni tipo di totalitarismo e criticò sia il comunismo spagnolo sia quello sovietico. Nel 1996 ha vinto il Premio Retro Hugo al miglior romanzo breve proprio con “La fattoria degli animali”.

Il romanzo inizia con una descrizione generale dell’organizzazione della fattoria gestita dal signor Jones, un allevatore che sfrutta senza pietà gli animali. Le “bestie”, dopo aver sentito un sogno del maiale conosciuto come Vecchio Maggiore, in cui tutti sono liberi dalla schiavitù dell’allevatore, decidono di ribellarsi, distruggendo i recinti e facendo fuori Jones mentre era ubriaco. Napoleone e Palladineve, anche loro maiali, prendono il controllo di tutte le operazioni e, con loro, tutti i maiali costituiscono la classe dirigente della fattoria; controllano e difendono bene l’agricoltura. Quando, però, i rapporti tra Napoleone e Palladineve declinano, iniziano i problemi. 

Nel corso di tutta la storia, gli eventi vengono riscritti a seconda delle esigenze dei maiali: il passato viene descritto peggio di come fu realmente, così da far sembrare meno traumatiche le brutalità compiute dai maiali. L’educazione è un tema fondamentale in quanto gli animali, incapaci di ragionare con la propria testa, credono con grande fiducia alla propaganda. L’ignoranza, dunque, è un’arma preziosa nelle mani di qualsiasi dittatore, in quanto permette di far credere al popolo ciò che si ritiene più utile. Il messaggio che l’autore ha voluto dare è che, alla fine, qualsiasi individuo che prende il potere dimentica le sue origini e diventa esattamente come il detentore precedente dell’autorità, perché nessun uomo riuscirà mai ad eliminare il desiderio di potere.

Simona Coppola, 3° liceo scientifico sportivo

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