Il Teatro alla Scala s’illumina d’immenso

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Teatro alla Scala

Il 7 dicembre scorso, in occasione della tradizionale festa di Sant’Ambrogio, il Teatro alla Scala di Milano, ha dato vita ad una Prima inusuale. Nella storia del teatro milanese, infatti, soltanto una volta, durante la Seconda Guerra Mondiale fu cancellata la Prima, a causa dei bombardamenti del 1943, che colpirono il teatro del Piermarini. “A riveder le stelle”, questo il titolo scelto per l’evento in ripresa delle ultime parole dell’Inferno di Dante: “E quindi uscimmo a riveder le stelle.”, un omaggio per i 700 anni che ci separano dalla morte del sommo poeta, ma al contempo un messaggio di speranza per il periodo che stiamo vivendo.

Tra musica, danza, versi e recitazione, le più grandi voci del nostro tempo hanno tenuto compagnia agli italiani sotto la guida del Direttore Riccardo Chailly, alla guida di Orchestra e Coro. Il viaggio musicale si è aperto con il Rigoletto di Giuseppe Verdi, spaziando tra i più amati compositori italiani ed europei quali Gaetano Donizetti, Giacomo Puccini, Georges Bizet, Jules Massenet, Richard Wagner, sino ad arrivare al Guglielmo Tell di Gioacchino Rossini, che ha concluso la serata. Le arie d’opera sono state intervallate dalla narrazione: le lettere di Verdi, gli scritti di Victor Hugo, le note di Fragile di Sting. Per il balletto tre coreografie: di Nureyev, di Massimiliano Volpini e Manuel Legris, con musiche di Pëtr Il’ič Čajkovskij, Davide Dileo, Erik Satie e Giuseppe Verdi.

La città di Milano ripresa dall’alto, i nuovi grattacieli di Citylife, il Castello sforzesco, corso Sempione, il Duomo e piazza Scala e, improvvisamente un’eterea Musa della Musica, apre le porte del teatro, trovandolo vuoto con la sola presenza della donna delle pulizie, quasi a ricordare il ritorno di Odisseo nella “petrosa Itaca”, che ne lambisce il suolo. La luce si accende e dai palchi spunta il coro, mentre il direttore d’orchestra dà l’attacco per cantare l’inno di Mameli. Niente mondanità, nessuno sfarzo, i palchi sono “cenere muta”, l’orchestra è disposta in platea, condizione sottolineata dalla scrittrice Michela Murgia la quale afferma: “l’opera  lirica è uno spettacolo ricco, non per ricchi. Non bisogna farsi ingannare dai costumi suntuosi o dall’imponenza della musica o dalla doratura degli stucchi e dei teatri. La verità è che la povera gente e le classi popolari ci sono sempre andate a vedere spettacoli. un po’ perché la musica classica è un’arte per tutti e un po’ perché ci si riconoscevano”.

La stessa atmosfera ha caratterizzato anche il nuovo appuntamento tenutosi ieri nella sala del maestoso teatro che ha dato vita, nell’imponente architettura ambrosiana, con un tutto Mozart senza coro e senza pubblico, a un luminoso concerto in cui l’orchestra come sospesa in un’atmosfera surreale ha lasciato scorrere la fluidità armoniosa del genio mozartiano. Un tempio della musica classica in cui i 2242 posti attendono un nuovo inizio, una nuova rinascita. “L’opera è una cosa così bella e fragile al tempo stesso”, ha affermato il sovrintendente e direttore artistico del Teatro, Dominique Meyer, “una forza d’acciaio e fragilità di cristallo”, specie in questo periodo, della quale però l’uomo non potrebbe fare a meno.  Come scrisse Leopardi in Alla luna “Oh come grato occorre/Nel tempo giovanil, quando ancor lungo/La speme e breve ha la memoria il corso, /Il rimembrar delle passate cose,/ Ancor che triste, e che l’affanno duri!”

02/25/2022Un ricordo del passato, la speranza di un avvenire migliore, lasciandoci alle spalle un volto “nebuloso e tremulo”. L’auspicio è quello di varcare di nuovo la soglia dei foyer, di inebriarci ancora nella sinestesia degli odori, della sfarzosità di colori e scintillii, di provare con rinnovata emozione i brividi della buona e grande musica.

di Chiara Mastroianni, 5º Classico

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