La retromarcia della Turchia dalla Convenzione di Istanbul

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Convenzione di Istanbul

“Annullate la decisione, applicate il trattato!” […] Sono stanca di questo Stato patriarcale”. Questi gli slogan dopo l’uscita della Turchia lo scorso 20 marzo dalla Convenzione di Istanbul del 2011, il primo trattato internazionale sulla prevenzione e la lotta contro la violenza di genere e la violenza domestica. La convenzione siglata in Turchia nel 2011 a cui hanno aderito ben 32 paesi, si fonda sulla tutela della parità di genere e individua nelle violenze fisiche, sessuali, psicologiche ed economiche atti fortemente lesivi nei confronti della inviolabilità dei diritti umani e promuove una linea di interventi tesi a combattere stereotipi di genere diffusi. Migliaia di cittadini sono scesi in piazza ad Istanbul, Ankara e Smirne, contro la decisione del presidente turco Recep Tayyip Erdogan. Il ritiro ha scatenato innumerevoli proteste nel Paese e la condanna da parte dell’Unione europea e del presidente degli Stati Uniti Joe Biden, il quale ha commentato la decisione “improvvisa e ingiustificata” da parte della Turchia dicendosi “profondamente deluso” e ancora aggiunge “i Paesi dovrebbero lavorare per rafforzare e rinnovare gli impegni per mettere fine alla violenza contro le donne e chiedere conto ai responsabili degli abusi, non respingere trattati internazionali scritti per proteggerle”.

300 femminicidi sono stati registrati nel 2020, 78 da inizio 2021 ad oggi, mentre altre 171 donne sono state trovate morte in circostanze sospette e vari casi sono stati classificati come suicidi.

Dati preoccupanti che evidenziano la mancanza di tutela dei diritti delle donne. “La violenza sulle donne è un problema ovunque. In Turchia abbiamo un movimento per i diritti delle donne forte, ma dobbiamo anche confrontarci con molta opposizione”, ha spiegato Fidan Ataselim di “Fermeremo il Femminicidio”. Erdogan avrebbe giustificato il ritiro affermando il tentativo da parte dei membri della Convenzione di rendere “normale” l’omosessualità, un tentativo ritenuto dal leader turco assolutamente non compatibile con il sistema sociale e valoriale del Paese.

Un passo indietro nella civiltà, un messaggio pericoloso per le donne nel mondo secondo Josep Borrell, rappresentante per gli affari esteri e la sicurezza dell’Unione europea, una scelta politica profondamente deludente che guarda con preoccupazione l’aumento vertiginoso dei femminicidi.

In Italia Mario Biani, vignettista di Repubblica ha commentato con un post la retro marcia della Turchia rendendo eloquente l’annullamento di anni di lotte per l’emancipazione femminile, rappresentata infatti è una catena evolutiva a partire dall’australopiteco all’homo sapiens sapiens con su scritto “ti devi fidare”.

La Turchia non è il solo Paese ad aver lasciato la convenzione. Nel luglio 2020 anche la Polonia conservatrice ha abbandonato l’accordo per motivi ideologici. Ancora un muro, ancora un ostacolo alla libertà femminile, ancora una deriva ideologica in cui trova terreno fertile una radicata cultura patriarcale e sessista.

Di Chiara Mastroianni, 5° classico

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