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Esercizi spirituali Kerigma: tutto pronto, o quasi…

15″Nel segno di Giona – Il profeta ribelle” è questo il tema scelto per gli esercizi spirituali del Kerigma che si svolgeranno dal 17 al 20 febbraio presso la struttura di Santeramo in Colle a Bari. La partenza è prevista alle ore 12, il ritorno a Caserta per il 20 febbraio alle ore 19,30. 

“Fu rivolto a Giona figlio di Ammittai questa parola del Signore: <<Alzati, và a Ninive la grande città e in essa proclama che la loro malizia è salita fino a me>>. Giona però si mise in cammino per fuggire a Tarsis, lontano dal Signore. Scese a Giaffa, dove trovò una nave diretta a Tarsis. Pagato il prezzo del trasporto, s’imbarcò con loro per Tarsis, lontano dal Signore. Ma il Signore scatenò sul mare un forte vento e ne venne in mare una tempesta tale che la nave stava per sfasciarsi. I marinai impauriti invocavano ciascuno il proprio dio e gettarono a mare quanto avevano sulla nave per alleggerirla. Intano Giona, sceso nel luogo più riposto della nave, si era caricato e dormiva profondamente. Gli si avvicinò il capo dell’equipaggio e gli disse: <<Che cos’hai così addormentato? Alzati, invoca il tuo Dio!>>” (Gio 1,1-16)

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L’intera logistica degli esercizi, come sempre, è lasciata al professore Massimo Barone, mentre Don Massimo si occuperà della predicazione. Speriamo che anche questa possa rivelarsi un’esperienza costruttiva e di crescita per tutti.

 

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«Cambiate il cuore del vostro cuore»

Carissimi ragazzi

  «Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama» (Lc 2, 14). Il Natale si avvicina velocemente. Ci apprestiamo a vivere un tempo di grazia del Signore dettato dal calendario del Giubileo della Misericordia, indetto da Papa Francesco. Tempo di grazia che si scontra con i drammatici eventi legati al terrorismo e alla cattiva politica internazionale. È tempo che necessita di una profonda riflessione, di preghiera, di costruzione lenta ma decisa di una cultura dell’accoglienza e della pace. Probabilmente l’indizione dello stesso Giubileo è un segno dei tempi, un evento voluto da Dio stesso perché l’uomo si converta nuovamente. Come scriveva il filosofo personalista Emmanuel Mounier: […] l’uomo ha perso il senso dell’Essere e si muove solo fra cose, e cose utilizzabili, private del loro mistero. Si rende necessario prendere sul serio l’invito del filosofo francese: […] cambiate il cuore del vostro cuore […] bisogna restituire allo spirito l’iniziativa e il controllo dei suoi scopi.

   Il tempo natalizio è un tempo privilegiato per una trasformazione del cuore. Il «criterio oratoriano», per sua natura, pone il cuore al centro della sua azione educativa. Scriveva don Bosco: L’educazione è cosa di cuore. Il più delle volte, cari ragazzi, leghiamo il cuore alle cose, alle mode, all’«avere», dimenticando che il cuore del cuore è l’«essere». Siamo spesso restii a seguire il consiglio di san Paolo: Non conformatevi alla mentalità del tempo, ma siate in tutto di Cristo, poiché a sua immagine e somiglianza siamo stati creati (Col 1, 13-20).

   Il tempo è il fluire delle cose, degli eventi, ma ha bisogno di essere significato, significato nel profondo. Il «criterio oratoriano» si pone l’obiettivo di significare il tempo in Cristo, nell’amore di Dio. Ecco perché Natale è un tempo così essenziale per noi cristiani e, specialmente, per noi salesiani.

   Il Natale dovrebbe essere la festa dell’«essenziale», del «cuore», non del consumismo, poiché il Signore Gesù nasce povero fra i poveri, nudo fra i nudi, esiliato fra gli esiliati. La nascita del Signore ci chiama all’austerità delle cose, per rivolgerci all’ampiezza infinita del cuore di Dio. È l’essenzialità propria di Maria di Nazareth, ragazza del suo tempo, concreta come le donne del suo tempo, ma con il cuore tutto orientato all’eternità di Dio, alla sua missione di madre «povera» di un «povero» Messia. Ella è tutta di Dio e per Dio, corpo e anima: «Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto» (Lc 1, 38). Più tardi, nella folla, una donna griderà a Gesù: «Beato il grembo che ti ha partorito e le mammelle che ti hanno allattato» (Lc 11, 27). Un omaggio alla concretezza materna di Maria, ma ancor di più all’iniziativa gratuita e sconvolgente di un Dio che si fa carne, uomo fra gli uomini, luce nelle tenebre del mondo. È l’essenzialità di Giuseppe, uomo concreto, esperto nel dare qualità al proprio tempo e al proprio lavoro, che rinuncia ad ogni suo progetto per accogliere l’inaspettato progetto di Dio che lo rende padre putativo del suo unico Figlio: «Mentre però stava pensando a queste cose, ecco che gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa, perché quel che è generato in lei viene dallo Spirito Santo. Ella partorirà un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati» (Mt 1, 20-21). Maria e Giuseppe fanno del loro tempo il tempo di Dio; del loro cuore un cuore per Dio. Chiediamo per questo a Dio di prepararci a ricevere il Signore con la stessa ansia salutare che ha caratterizzato la vita e la riflessione della filosofa Simone Weil: «Io non desidero per me che di essere nel numero di coloro ai quali è prescritto di pensare che sono servi inutili, avendo fatto solamente ciò che era loro comandato. Ho paura fino all’angoscia di essere, al contrario, nel numero dei servi non docili».

  Il Natale, cari ragazzi, non ci chiede di essere avulsi dal nostro tempo, ma di riempirlo della grazia e della misericordia di Dio; non esige di rinunciare e snaturare il nostro cuore, ma di orientarlo a Dio, perché convinti che l’amore di Dio lo faccia pulsare ancor più attivamente e gioiosamente. Vi auguro un santo Natale e vi ringrazio di cuore di tutto il tempo vissuto assieme come tempo di Dio.

Con affetto

Don Massimo De Luca

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Ecco a voi il campo animatori che resterà nella storia

Non so se conoscete la sensazione che si prova quando si giunge al termine di un progetto durato molto tempo e costato molta fatica, e si è soddisfatti del proprio lavoro perché si può affermare di aver raggiunto il traguardo tanto sperato. Spero di sì.

Bene, allora, pensate che è stata un po’ questa la sensazione provata nel campo animatori di due giorni (dal 5 al 7 novembre 2015) presso la struttura di Sant’eramo in Colle che ha ospitato all’incirca 90 animatori, coordinati dall’infallibile Don Massimo e dal mitico Prof. Massimo Barone e coadiuvati dall’equipe composta da: Silvana Di Giacomo, Riccardo De Lucia, Elisa Di Bona, Michele Filippella, Giusi Razzano, Francesca Cristofani e Beatrice Tarabuso.

Quasi un anno fa titolavamo così: “Campo animatori 2014: nascono i ‘Fondatori con Don Bosco’”, vi ricordate? Ebbene, proprio quel regolamento è diventato punto chiave di questo campo animatori: ciascuno di noi, infatti, è stato chiamato alla firma del documento, ognuno di noi è ora UFFICIALMENTE destinatario di uno stile di vita fondato sugli insegnamenti di Don Bosco e sul pensiero collettivo del gruppo animatori.

La consegna del mandato è avvenuta l’ultimo giorno, durante la Messa che ha concluso le attività, ma nei giorni precedenti non siamo stati di certo con “le mani in mano”. Diverse, infatti, sono state le tematiche affrontate nei numerosi momenti di condivisione: dalla fedeltà dell’amore alla camorra e significative si sono dimostrate le canzoni prodotte da ciascun gruppo come presentazione del pensiero emerso durante le condivisioni.

Il tutto concentrato e amalgamato dal tema per eccellenza di quest’anno: la misericordia, affrontato grazie alla Parola di Dio sotto diverse sfaccettature. Non a caso il titolo del campo era proprio “Anime Salve – il volto della misericordia” dal titolo dell’album di Fabrizio De André, le cui canzoni ci hanno accompagnato per tutta la durata del campo.

Non posso che dirmi quindi soddisfatto del campo in questione che, come detto, si pone proprio a conclusione di un progetto durato più di 5 anni e finalizzato proprio alla stesura del Regolamento degli Animatori che è oggi ufficialmente riconosciuto e che presto sarà affisso.

Posso anche, a questo punto, dirmi soddisfatto del mio personale cammino di animatore (dato che quello trascorso è stato per me l’ultimo campo-animatori da liceale) conscio di aver lasciato qualcosa alla futura generazione di animatori, ma consapevole allo stesso tempo che quella firma impressa su carta non resterà “nero su bianco”, ma mi accompagnerà per tutta la vita: l’animazione e l’essere animatori non è un’attività, ma uno stile di vita.

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