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Paolo di Canio: il romano tifoso della Lazio

Paolo Di Canio nasce a Roma il 9 luglio 1968, trascorre l’infanzia nel quartiere romano del Quarticciolo, zona periferica e popolare di Roma, dove la maggior parte degli abitanti è di fede romanista. Fin da ragazzino Di Canio è ribelle ed anticonformista e lo dimostra scegliendo di tifare per la Lazio, nonostante in famiglia siano quasi tutti tifosi romanisti. All’età di 14 anni entra a far parte delle giovanili della Lazio. E’ uno dei giocatori più promettenti del vivaio biancoceleste ma anche molto irrequieto e difficile da gestire sul campo. Il sabato pomeriggio gioca e di notte parte con gli “Irriducibili”, uno dei gruppi ultràpiù duri di tutto il tifo laziale, per trasferte in ogni angolo d’Italia. Viene ceduto in prestito al Napoli. Con gli eredi di Maradona, Di Canio ha la possibilità di giocare con continuità e sfogare il suo talento. Colleziona 26 presenze e 5 reti che lo portano ad essere eletto nella Squadra dell’Anno della Serie A. Nonostante la buona stagione non ne vuole sapere di tornare alla Juventus e viene ceduto al Milan. Totalizza con i rossoneri 37 presenze e 6 reti in due stagioni, dorate da uno scudetto (1996) e da una Supercoppa Europea. Di Canio arriva allo scontro fisico anche con Fabio Capello: nell’estate del 1996 emigra in Gran Bretagna, in Scozia, al Celtic Glasgow. In una sola stagione diventa un idolo del calcio scozzese fino ad essere votato giocatore dell’anno. Nell’estate del 1997 a seguito di contrasti con la dirigenza lascia la Scozia per trasferirsi in Inghilterra allo Sheffield Wednesday. Anche in Inghilterra viene votato giocatore dell’anno e insieme a Gianfranco Zola diventa alfiere del calcio italiano d’Oltremanica. Il 26 settembre 1998 accade un episodio incredibile: Di Canio protesta contro l’arbitro Paul Alcock e, spingendolo, lo manda a terra. Per questo gesto rimedia undici giornate di squalifica e i media inglesi così come l’opinione pubblica sono tutti contro di lui. Lo Sheffield scarica Di Canio per poche sterline al West Ham United nel gennaio 1999. Con la maglia della squadra londinese Paolo vive una seconda giovinezza. Ben presto diventa un idolo degli “hammers” evince il titolo di capocannoniere nel 1999/2000. Sempre nel 2000 riceve dalla Fifa il premio “Fair play”, per la correttezza e la sportività dimostrata sul campo. C’è un episodio simbolo di questo successo: durante un’azione di attacco il
portiere avversario è infortunato e giace per terra, Di Canio anzichè approfittare della situazione evita di segnare a porta vuota e ferma il gioco di sua iniziativa richiamando l’attenzione del direttore di gara. Nell’autunno del 2000 esce la sua autobiografia; nel libro, che riscuote da subito un buon successo, Di Canio racconta senza paure, pregi e difetti del calcio italiano, i difficili rapporti con gli allenatori, fino a parlare di politica e religione. Nell’estate del 2003 passa al Charlton Athletic con un contratto annuale. E’ il preludio di un ritorno alla Lazio che si concretizzanell’agosto del 2004. Alla presentazione sono presenti 5.000 tifosi laziali. Di Canio ha problemi anche con l’allenatore Caso e l’avvento di Giuseppe Papadopulo è un toccasana. Al derby del 6 gennaio 2005 Di Canio segna
un gol sotto la Curva Sud come 16 anni prima, ma è una delle poche soddisfazioni in una stagione problematica per la Lazio e l’attaccante romano è spesso fuori per infortuni e scelte tecniche. In totale realizza 24 presenze e 6 gol. Nel luglio 2005 pubblica il suo secondo libro: “Il ritorno: un anno vissuto pericolosamente”, in cui racconta la stagione appena trascorsa. In questo periodo la figura del “personaggio” Di Canio è sovente alla ribalta per il saluto romano che è solito rivolgere alla curva laziale. Il gesto ha suscitato diverse polemiche e ha fatto discutere per parecchio tempo in piazze, bar e studi televisivi. Squalificato per una giornata e punito con un’ammenda, per il bene della sua squadra e della società, Di Canio si è impegnato a non esibirsi più in gesti impropri, considerati (da qualcuno) da “demoni”. Al termine della stagione 2005-2006 la dirigenza della Lazio (nonostante la pressione del tifo organizzato), decide di non rinnovare il contratto al calciatore romano.

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E tu conosci le 14 “cassanate” di Antonio Cassano?

L’attaccante barese Antonio Cassano è molto conosciuto sia dentro che fuori dal campo. Dopo aver lasciato anche il Parma per approdare di nuovo alla Sampdoria, dopo Bari, Roma, Real Madrid, Milan, Inter. Una carriera fatta di talento, estro ed eccessi, fuori e dentro il campo. In Serie A ha collezionato 376 presenze, segnando 111 gol.

Ecco le 14 “cassanate”: conosciute e meno conosciute. 

  1. Ancora ai tempi del Bari, Cassano fu beccato dalla polizia a circolare in automobile tra le strade del capoluogo pugliese con il solo foglio rosa e senza accompagnatore. In un’altra occasione fu invece fermato perché alla guida di un motorino senza casco.
  2. In Under 21, nel marzo del 2001, dopo essere rimasto in panchina nella partita contro la Romania, ebbe un diverbio con l’allenatore Claudio Gentile e il giorno successivo lasciò il ritiro.
  3. Durante la trasferta di Champions League di Madrid, fu richiamato ufficialmente perché malgrado fosse vietato portare il cellulare a tavola, il suo squillò durante la cena facendo imbestialire Capello.
  4. Il 23 febbraio 2003 a Udine venne squalificato per aver ripetutamente insultato l’arbitro Pieri.
  5. Nella finale di Coppa Italia del 31 maggio 2003 contro il Milan, espulso dall’arbitro Rosetti, Cassano gli mostrò le corna.
  6. Nella stagione successiva (2003/2004), promise a Capello che in caso di gol nella sfida con la Juventus avrebbe rotto la bandierina del calcio d’angolo. Roma-Juventus 4-0 con doppietta di Cassano…
  7. Passato al Real Madrid, Cassano ritrovò Capello che tuttavia non prese molto bene l’imitazione durante un pre partita da parte dell’attaccante barese (dicembre 2006) che segnò in pratica la fine della sua avventura spagnola.
  8. Il 2 marzo 2008, contro il Torino, Cassanoperse nuovamente la testa quando fu espulso per proteste dall’arbitro Pierpaoli. Il giocatore si tolse la maglietta e minacciò ripetutamente il direttore di gara aspettandolo fuori dal tunnel degli spogliatoi. Cinque giornate di squalifica e multa salatissima.
  9. Approdato alla Sampdoria, il 16 dicembre 2007 era diffidato durante la gara contro la Fiorentina e, ammonito, fu costretto a saltare la tanto attesa sfida contro la sua ex squadra, la Roma. Dopo aver preso il giallo fece una vera e propria sceneggiata scoppiando addirittura in lacrime.
  10. Dopo oltre due anni di tranquillità e dopo aver portato la Sampdoria in Champions League, arrivò la lite col presidente Garrone che segnò praticamente la fine della storia d’amore tra Cassano e il club ligure. Le versioni sull’accaduto sono contrastanti, ma sembra che Garrone volesse che Cassano lo accompagnasse a Sestri Levante per ritirare un premio, ma il giocatore non ne volle sapere. I toni si alzarono fino agli insulti finali di Cassano nei confronti del presidente: “Fan****! Vecchio di m…(insulti vari mentre rientra nello spogliatoio). Vaff…bocch…(altri insulti, dello stesso tenore, sono stati ascoltati da tifosi e giocatori della Samp).”(Gazzetta)
  11. Durante la conferenza stampa prima del match contro la Croazia valevole per la fase a gironi di Euro 2012, Cassano parlò così riguardo i gay in nazionale: “Gay in nazionale? Sono problemi loro. Ma
    spero di no… Me la cavo così, sennò sai gli attacchi da tutte le parti”. Polemiche in questo caso forse troppo eccessive…
  12. Polemiche asprissime con Galliani dopo il suo passaggio all’Inter nello scambio con Pazzini e dopo che il Milan lo aveva aiutato nei suoi problemi cardiaci. “Mi ha preso in giro, promette ma poi non mantiene la parola. Faceva tanto fumo e poco arrosto”
  13. Polemiche anche con l’allenatore della Juventus, Antonio Conte, quando nel novembre 2012 dichiarò che alla Juve ci fossero soltanto “soldatini”.
  14. L’ultima cassanata è molto più recente: Cassano e l’allenatore dell’Inter Stramaccioni arrivano alle mani dopo un diverbio. 
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Omar Sivori: il grande campione argentino

Omar Sivori nasce il 2 ottobre 1935 in Argentina, a San Nicolas. Comincia a calciare il pallone nel Teatro Municipale della città. Arriva così al River Plate di Renato Cesarini, ex giocatore della Juventus.
Sivori viene presto soprannominato “el cabezon” (per la grande testa) oppure “el gran zurdo” (per l’eccezionale sinistro di cui è dotato). Con i biancorossi di Buenos Aires, Sivori è campione d’Argentina per un triennio, dal 1955 al 1957.Sempre nel 1957 con la nazionale argentina vince il campionato sudamericano disputato in Perù, dando vita con Maschio e Angelillo a un trio centrale d’attacco incontenibile. Poco dopo Sivori raggiungere l’Italia e la Juventus. Anche gli altri due protagonisti argentini partono per il campionato italiano: i tifosi ribattezzeranno i tre come gli “angeli dalla faccia sporca”. Umberto Agnelli, all’epoca presidente, ingaggia Omar Sivori su segnalazione dello stesso Renato Cesarini, pagandolo ben 160 milioni, cifra che consentì al River Plate di ristrutturare il proprio stadio. Al suo arrivo a Torino, Sivori rivela in breve tutto il suo talento.
Sivori non conosce le giocate banali, è nato per stupire, per divertire e per divertirsi. Immenso per i suoi dribbling e le sue finte. Segna e fa segnare. Inganna frotte di terzini e diventa il primo giocoliere del campionato, irridendo, con i suoi calzettoni abbassati (alla “cacaiola”, diceva Gianni Brera) e il caratterino che si ritrova, fior di avversari in campo e in panchina. E’ considerato l’inventore del cosiddetto “tunnel”. Omar non si tira indietro nemmeno quando le sfide si fanno infuocate. Il suo limite è rappresentato dal nervosismo che lo accompagna: irriverente, provocatore, non sa tenere a freno la lingua, è vendicativo. Nei dodici anni di carriera in Italia accumulerà ben 33 turni di squalifica. Milita al servizio della Juventus per otto stagioni. Vince 3 scudetti e 3 Coppe Italia e segnando 167 gol in 253 partite. Nel 1960 con 28 centri vince la classifica dei cannonieri del campionato italiano. Nel 1961 “France Football” gli assegna il prestigioso “Pallone d’Oro”. Nel 1965 Sivori divorzia dalla Juventus. Si trasferisce al Napoli dove in compagnia di Josè Altafini manda in visibilio la tifoseria partenopea. Abbandona l’attività – causa anche una pesante squalifica – proprio prima della fine del campionato 1968-69 e rientra in Argentina. Omar Sivori veste per nove volte la maglia azzurra segnando 8 gol e partecipando allo sfortunato Mondiale cileno del 1962. Dopo tanti anni nel 1994 riprende il rapporto di lavoro con la Juventus, con l’incarico di osservatore per il Sud America. Omar Sivori è stato anche commentatore per la Rai: poco diplomatico da giocatore, non era cambiato in tv. Andava giù piatto, con giudizi netti, forse troppo per la prudenza dell’emittente di Stato. Omar Sivori è morto a 69 anni, il 18 febbraio 2005 a causa di un tumore al pancreas. E’ morto a San Nicolas, la città a circa 200 chilometri da Buenos Aires, dove era nato, dove risiedeva da molto
tempo e dove manteneva un’azienda agricola.

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Éric Daniel Pierre: quel calcio che tanto costò…

Éric Daniel Pierre è un attore, dirigente sportivo ed ex calciatore francese, di ruolo attaccante. Lo si ricorda principalmente per i suoi trascorsi nel Manchester United, squadra in cui ha militato dal 1992 al 1997. È stato il principale protagonista della rinascita sportiva del club di Manchester negli anni novanta: con lui, infatti, i Red Devils hanno vinto quattro Premier League e due FA Cup nell’arco di cinque stagioni.”Quando i gabbiani seguono il peschereccio è perché pensano che delle sardine stanno per essere gettate in mare”: questa frase interpreta alla perfezione lo stile di vita di Eric Cantona, “The King”. Un emblema, un’icona, un’istituzione per tutti gli appassionati di calcio del mondo: nel 2001 i sostenitori del Manchester United lo hanno eletto Calciatore del secolo del club. Un francese, in Inghilterra. D’altronde era impossibile non amare Eric, per la personalità e la capacità di incarnare alla perfezione l’ideale di calciatore a tutto tondo, leader in campo e fuori. Pochi mesi fa è ricorso l’anniversario del mitico incidente di Selhurst Park, lo vogliamo celebrare, anche se si tratta di uno degli episodi più controversi della sua carriera. Già, perchè il 25 gennaio del 1995 Eric Cantona decise di entrare nella storia a suo modo: durante una partita in trasferta dello United contro il Crystal Palace, venne espulso dall’arbitro per aver colpito con un calcio il difensore avversario Richard Shaw che lo aveva trattenuto. Quando si avviò negli spogliatoi, provocato da un tifoso avversario, lo colpì con un calcio in stile kung-fu. Matthew Simmons, questo il nome dell’hooligan del Palace, fu successivamente processato per aver insultato il francese e fu condannato a sette giorni di carcere, anche se uscì soltanto ventiquattro ore dopo la sentenza. Cantona fu rinviato a giudizio ed il processo divenne un caso mediatico: condannato a due settimane di carcere, vide la sentenza ridotta in appello a 120 ore di servizio civile. Fu poi sospeso dalla Federcalcio inglese per nove mesi, fino all’ottobre successivo, e la squalifica costò il campionato allo United, che venne beffato da Blackburn di Shearer e Sutton.

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