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Amore e poesia in “Due cuori a Parigi”

Il libro da me letto s’intitola Due cuori a Parigi, della scrittrice francese Caroline Vermalle. Si tratta di un romanzo, pubblicato in Italia nel 2016 dalla casa editrice Feltrinelli; è composto da duecentoquaranta pagine e diviso in trentanove capitoli. 

Una delle cose che ho apprezzato di questo libro è il fatto che ha un solo personaggio protagonista e la storia del romanzo si svolge attorno a lui. La vicenda si svolge a Parigi (cosa che mi ha permesso di scoprire nuove cose di questa città), ed è ambientata in epoca contemporanea.  

La trama comincia con un prologo che descrive Parigi e la gente che popola questa capitale, persone anonime, un po “tutte uguali”. Ad un certo punto, l’autore si focalizza su uno dei tanti abitanti, di nome Guillaume Degénicour, che in seguito scopriremo essere il narratore stesso.

Durante il mio percorso di lettura ho incrociato una data importante, il 20 Aprile, cioè la data del compleanno di Guillaume a cui sono stati invitati tutti suoi amici e il figlio Baz. Tra i suoi amici c’è la sua migliore amica di nome Edie, per la quale prova sentimenti profondi e non sa se il sentimento è ricambiato. Questa notizia interrompe il racconto e crea una situazione di tensione. 

Lo stato d’animo del protagonista muta in uno totalmente differente. Ma anche questo libro, come quasi tutti i romanzi d’amore, termina con un lieto fine, e in questo caso scopriremo che Guillaume e la sua migliore amica finiranno per innamorarsi. 

Mi è sembrato un buon libro, molto interessante, con un lessico ricco e attuale: le descrizioni sono chiare e brevi, l’atmosfera è sincera, i luoghi sono ben specificati e ben descritti. Le tematiche che tratta sono molto belle e subito mi hanno appassionato; ci sono pochi personaggi, cosa che a parer mio è un pregio poiché non ci sono troppi intrecci e si segue un filo logico chiaro e ben definito.  

La tematica principale di questo libro è l’amore, in tante sue declinazioni vissute dal protagonista: per il figlio, per gli amici, per la città, e ultima ma non per importanza quello per la sua migliore amica. Il passaggio che più mi ha colpito è quella a pagina 79 che vede il protagonista, angosciato e senza futuro (poiché non ha risparmi, non ha soldi e non ha un lavoro), che si preoccupa per il figlio facendosi mille “paranoie” su di lui. Sarà grazie agli amici che riuscirà ad uscire da questo periodo di crisi.

“Avanzo nel grande giardino, protetto dal resto del mondo. Sono elettrizzato dalla mia audacia. Parigi è tutta per me. Non cammino più, passeggio. È svanito tutto, la storia della città, i nomi delle strade, le tracce di Edie, passeggio e basta. E a un tratto capisco che ho trovato il cuore di Parigi.”

Davide Avallone, 3° Liceo Scientifico Sportivo

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Storia del cinema, dall’Italia all’America: Francia

La Francia di inizio 900 era uno dei paesi più importanti a livello culturale, e difatti qui, a Parigi, capitale culturale europea, nacque la settima arte per opera di Auguste e Louis Lumière.

I fratelli Lumière inventarono il cinematografo, prima macchina da presa, e tennero la loro prima proiezione pubblica a Parigi, nel 28 dicembre 1895, che viene considerata la data di nascita del cinema.

Copertina dei primi cinema targati Lumière

Il successo fu immediato, il cinema conobbe grande fama e popolarità a livello mondiale, e una particolare azienda francese,la Pathé Frères, ha portato avanti il cinema francese, e lo diffuse aprendo nuove filiali a Londra, Mosca, New York, Berlino e San Pietroburgo, diventando la più grande azienda cinematografica del mondo.

L’inizio degli anni venti fu segnato dalla nascita di numerosi movimenti artistici legati al cinema. Louis Delluc, eminente critico del tempo, introdusse il concetto di photogènie, sottolineando come ciascun soggetto reale trovasse nuova forma ed espressione nella sua trasposizione su pellicola.  Delluc, nel 1921, fondò una sua casa di produzione, la Fièvre.

Buona interprete dell’impressionismo cinematografico francese fu anche Germaine Dulac, autrice di La sorridente madame Beudet (La souriante madame Beudet, 1922), uno tra i primi film femministi della storia, nel quale si rappresenta una moglie borghese stanca della propria vita monotona, che arriva a pensare anche a misure drastiche pur di liberarsi dalla presenza delle figure quotidiane che tanto disprezza.

L’attrice Germaine Dulac, interpreta la signora Beudet.

Il vero innovatore francese di questi anni, però, fu senza ombra di dubbio René Clair, un cineasta che seppe abilmente sfruttare la lezione tecnica di Méliès: il suo visionario Entr’acte (1924) è un film di matrice surrealista musicato da Erik Satie, che ”racconta” una serie di scene di vita surreale a Parigi, scollegate da un punto di vista logico ma collegate ”nello spazio”.

Il titolo si traduce in italiano come Intervallo o Intermezzo. Il film era nato per essere proiettato durante l’intervallo, tra i due tempi di un balletto istantaneista, Relâche, (Giorno di riposo), uno spettacolo dei Balletti Svedesi di Rolf de Maré.

Ciò concilia la pragmaticità del burlesque(satira) con la frenesia della società a lui contemporanea.

I ”protagonisti” Erik Satie, Francis Picabia con il regista René Clair sul set di Entr’acte, ottobre 1924.

Negli anni 30, Renoir fu l’artista più riuscito del realismo poetico, realizzando pellicole di grande valore artistico, come La vita è nostra (1936), La grande illusione (1937) e, prima di subire l’esilio negli Stati Uniti, il magnifico La regola del gioco (1939), tutt’oggi considerato dalla critica uno dei più grandi film di sempre.

La regola del gioco in particolare, pone una critica forte alla società e alla politica del tempo, specialmente rivolte alla Germania nazista, oltre a rappresentare numerosi temi ”comuni” come l’amore ad esempio.

I protagonisti sono numerosi, ben 8, e si dividono fra l’alta società ed i loro domestici.

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Due protagonisti, Roland Toutain e Nora Gregor in una scena del film.

Alla fine degli anni cinquanta la Francia vive una profonda crisi politica, contraddistinta dai sussulti della guerra fredda e dai contrasti della guerra d’Algeria; il cinema francese tradizionale del tempo aveva assunto una connotazione quasi documentaristica nel testimoniare questa crisi interna, i film erano diventati mezzi attraverso i quali rifondare una sorta di morale nazionale, i cui dialoghi e personaggi erano spesso frutto di idealizzazione.

La Nouvelle Vague, un movimento molto simile al neorealismo italiano, è il primo movimento cinematografico a testimoniare in tempo reale l’immediatezza del divenire, la realtà in cui esso stesso prende vita. I film che ne fanno parte sono girati con mezzi di fortuna, nelle strade, in appartamenti, ma proprio per la loro singolarità, hanno la sincerità di un diario intimo di una generazione nuova, disinvolta, inquieta. Una sincerità nata dal fatto che gli stessi registi che si sono riconosciuti in questo movimento.

Le beau Serge è il primo film di questo genere, manifesto della Nouvelle Vague, diretto da Claude Chabrol

Le riprese sono state effettuate nel villaggio di Sardent, dove il regista ha passato l’infanzia durante la guerra.

Il film è molto crudo, racconta di un uomo, François, che  ritorna nel suo villaggio dopo molti anni di assenza. Vi ritrova l’amico Serge, ormai diventato alcolizzato. Serge è sposato con Yvonne, dalla quale ha avuto un bambino nato morto, e che è nuovamente incinta. Egli non perde occasione per umiliarla in pubblico, fin quando un giorno François affronta l’amico.

La copertina del film.

Il cinema francese conobbe un periodo di crisi con l’avvento della televisione, e si passò da picchi di un miliardo e mezzo di spettatori negli anni 40-50 a 193 milioni negli anni 80.

C’era bisogno di una revisione delle politiche da parte delle case produttrici, e ci furono film fortemente influenzati dalle esperienze televisive ed altri registi che tentarono di riportare in auge i temi degli anni 60-70 in una sorta di post nouvelle vague.

Il tema che fu sviluppato principalmente fu quello dei sentimenti amorosi e la conseguente produzione di film di largo consumo.

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