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Campo animatori 2014: nascono i “Fondatori con Don Bosco”

Dal 9 all’11 novembre 2014 si è tenuto, presso la casa salesiana di Sant’Eramo in Colle, il Campo Animatori 2014/2015 sotto il tema dell’”Ordine della Fenice”. L’obiettivo era proprio quello di creare, come si trovano a fare i personaggi della saga potteriana, l’Ordine degli Animatori: i “Fondatori con Don Bosco”.

L’esperienza di quest’anno è stata di gran lunga diversa dal tradizionale campo animatori per alcuni aspetti: la presenza tra l’equipe pastorale di ben tre animatori dell’oratorio (Riccardo De Lucia, Silvana Di Giacomo e Davide Baccaro), per unificare due realtà, quali oratorio e scuola, fin ora troppo distanti. La seconda novità riguarda l’insolito ruolo occupato da Don Massimo che ha dedicato le 72 ore a colloqui singoli con ciascuno di noi, per discutere sullo stato di salute dell’Animazione ad oggi, e sui possibili cambiamenti da apportare ad essa.

Le finalità di quest’esperienza erano sostanzialmente due: analizzare il proprio cammino di animatore, attraverso le diverse condivisioni comunitarie e creare il regolamento dei “Fondatori con Don Bosco”.

Entrambi gli obiettivi sono stati raggiunti, grazie ad una coesione tipica di un vero gruppo e ad un’eccezionale equipe pastorale. Non a caso loro sono il Top del Top: Federico Di Pippo e Giusy Razzano a cui vanno aggiunti gli animatori dell’oratorio e l’instancabile Don Massimo.

Il neo-regolamento degli animatori, che inizia con la citazione di Papa Francesco “Io sono una missione su questa terra”, ha richiesto oltre otto anni di lavoro; finalmente, però, possiamo dire: <<Ce l’abbiamo fatta!>>. Con esso nascono i “Fondatori con Don Bosco”.
La peculiarità del Regolamento stilato non sta tanto in ciò che impone, quanto nella modalità con la quale le oltre 30 regole sono state messe in piedi: esse sono il frutto del confronto e del discernimento di tutti i partecipanti al campo.

Insomma, quest’anno è ricaduto su noi animatori una responsabilità non indifferente: cementificare le fondamenta del nostro ordine. Si potrebbe quasi dire che questo sia stato il miglior campo animatori poiché – grazie ad esso – ora apparteniamo ad un ordine, una famiglia, simile a quello del film della saga di Harry Potter.

Il campo “Ordine della Fenice”, quest’avventura vissuta insieme, ci ha fatto capire che la vera responsabilità è quella che il lavoro svolto nella tre giorni non è fine a se stesso, ma sarà la base delle future generazioni di animatori che speriamo possano essere migliori di noi anche grazie a noi.

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I valori animati

L’ educazione dell’ infanzia

Come i cartoni aiutano nell’educazione di un bambino

Come tutti sappiamo, i primi ad educare un bambino sono i genitori, persone di grande responsabilità che devono aiutare i propri pargoli a saper discernere in ogni situazione il bene dal male. Dobbiamo però anche capire che non sono mai lasciati soli in questo compito, i bambini imparano da tutto ciò che fanno: dalla scuola, dal parco in cui vanno a giocare ed in molti casi anche dalla buona televisione! I bambini dai 5 ai 10 anni molto spesso sono lasciati dai genitori davanti alla tv per problemi di lavoro o semplicemente per un disinteressamento e anche in questa circostanza i bambini stessi non perdono occasione di fare propri alcuni valori. Se il pargolo guarda il programma “Uomini e donne” dove i partecipanti urlano per far “avverare” una propria ipotesi, il bambino crescerà con la convinzione che per ottenere qualcosa debba urlare quanto più possibile. Se il bambino invece vedesse dei programmi educativi come “History channel”, si sentirebbe probabilmente annoiato, con la possibile conseguenza che non apprenderebbe valori né tantomeno accrescerebbe la propria cultura. L’ unica cosa che nella maggior parte dei casi interessa  a un bambino in tv sono i classici cartoni animati. Molti di questi a primo impatto potrebbero sembrare violenti e diseducativi, ma guardati nel loro complesso e con un occhio più attento si possono notare quei giusti valori che a un bambino rimangono impressi. L’esempio più chiaro che potremmo fare è la celeberrima saga di “Dragonball”, che ad una prima visione distratta può sembrare solo violento, invece nasconde un grande senso si amicizia da parte dei protagonisti principali Goku e Vegeta, ed inoltre trasmette il valore della tenacia e della difesa dei più deboli e di ciò che si Ama e della lealtà. Persino la serie di “Lupin”, noto ladro, lascia impressi i valori della tenacia e dell’amicizia poiché i protagonisti, nonostante molte disavventure, restano sempre insieme aiutandosi l’un l’altro. E potrei elencarne molti altri. I valori sopracitati sono dei cardini fondamentali per una buona società e per un buon futuro.   

                                                                                              Di Guglielmo Costume

 

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“L’unica vera ricchezza che ci rimane sono gli amici”

I RITIRI SPIRITUALI: UN’ESPERIENZA DA VIVERE FINO IN FONDO, UN ARTICOLO DA LEGGERE FINO ALL’ULTIMO PUNTO!

Mi sembrano le parole più azzeccate per descrivere questa magica esperienza.
In questi 4 giorni ho capito quanto fossero importanti gli amici e di quanto sia stata fortunata a frequentare una scuola come questa. Abbiamo avuto la possibilità di arricchire o consolidare le nostre amicizie e tutto grazie ad una forza motrice: l’animazione. Parlo sia da animatrice che da animata quando dico che esperienze come queste vanno fatte poiché sono delle opportunità per conoscere qualcosa in più degli altri, capire quanti gusci esteriori e maschere ognuno di noi indossa, per piacere agli altri e anche per tutelarsi.
Ecco, questo è stato il vero e proprio fulcro del nostro ritiro ’Daniele nella fossa dei leoni’:Le maschere.
Abbiamo imparato che indossiamo ogni giorno qualche maschera non rendendoci conto del fatto che nascondiamo la parte più bella di noi stessi.
Ma prima di dirvi tutto ciò dobbiamo iniziare dal 20 marzo 2013, giorno della partenza del biennio per Santeramo in colle(BA).
Presi i bagagli e sistemate le ultime cose siamo partiti verso mezzogiorno con un pullman a due piani. Il viaggio trascorso tra risate e canzoni è durato alcune ore fino a quando non siamo poi arrivati a destinazione.
Date le sistemazioni, ognuno ha preso posto nelle stanze sistemando le proprie valigie. Dopo poco ci siamo tutti recati in un enorme salone. C’erano ragazzi di tutte le seconde e non vi erano più classi e sezioni, scientifico o classico, ma vi erano solo amici. Erano passate poche ore ma la scuola sembrava un ricordo ormai lontano, come se fossero iniziate le vacanze o avessimo finito il liceo. Mentre aspettavamo che Don Massimo parlasse, si potevano notare ragazzi e ragazze che ridevano, si facevano foto con gli i-phone o che parlavano del più e del meno.
Appena Don Massimo iniziò a parlare tutti si ammutolirono. Vennero spiegate un po’ le attività che avremmo dovuto svolgere durante la giornata ma noi ragazze del II classico eravamo troppo occupate a pensare ad altro. Avevamo pensato di preparare una torta per il compleanno di una ragazza.  Non appena tutti se ne andarono, filammo di corsa in cucina. Nutella, Pan di stelle, latte e panna, gli ingredienti c’erano tutti non mancava che mettersi all’opera. Sentivo che eravamo nel pieno spirito di santità di cui parlava Don Bosco , ridevamo come matte e eravamo meticolose in ogni minimo passaggio. C’era qualcuno che faceva video perché voleva tenersi quel momento geloso tutto per sé e chi invece intingeva le dita nei residui di nutella. Senza nemmeno accorgercene passò un’ora e al termine della torta eravamo soddisfatte del nostro mini- capolavoro. Era quasi ora di cena e appena entrati nel refettorio tutti correvano per accaparrarsi il posto migliore.  Era tutto squisito ma eravamo in trepidazione per vedere la faccia sorpresa della nostra festeggiata Giusy alla visione della torta. La reazione fu del tutto positiva e quando entrò la torta mentre tutti gli altri cantavano a luci spente ‘buon compleanno’ il suo sorriso sostituì mille parole.
Della torta non ne rimase neanche una briciola e verso le dieci iniziò la prima serata. Giocammo a trivial, gioco di alcuni mimi e qualsiasi cosa risultava divertentissima. Qull’ora volò e si concluse ancora meglio. Don Massimo concluse la serata con una splendida buonanotte in cui ci parlava del fratello ormai defunto, ci ha fatto capire il vero significato della vita e di quanto sia importante tenercela stretta.
Con le sue parole qualcosa si mosse nel cuore di ognuno di noi, era visibile. C’era qualcuno che aveva addirittura gli occhi lucidi, a cui tremavano un po’ le mani.
Andammo a dormire ma quelle parole almeno per me, avevano davvero lasciato il segno. Erano parole sincere vere e dette con il cuore, parole che solo un uomo come lui avrebbe potuto dire. Io e la mia compagna di stanza ci addormentammo subito tra una chiacchiera e l’altra ma pensando comunque  a ciò che avevamo ascoltato qualche minuto prima.
Il giorno seguente fummo svegliati in un modo del tutto particolare, Don massimo passava per i corridoi con la sua solita chitarra cantando a squarciagola destando qualche commento di fastidio da alcuni.
Preparati e vestiti la giornata non potè iniziare meglio, su ogni tavolo vi erano cornetti, nutella, latte e merendine. Con la pancia piena iniziammo la preghiera del mattino in modo del tutto diverso dal solito. Incontrammo il nostro  ‘Daniele’ con una scenetta interpretata unicamente da Don Massimo. Sembrava tutto così reale e Daniele spiegava al suo re che il suo Dio era l’unico che avrebbe potuto venerare , l’unico che gli avrebbe potuto dare forza e soprattutto l’unico che non avrebbe dubitato di lui. Daniele non indossava nessuna maschera, quella era la sua faccia ma quanto a noi quella era davvero la nostra faccia?
Quella domanda scaturì fiumi di parole che si affollavano e intersecavano nella mente ma avrebbero trovato pace solo con l’inizio del ‘deserto’. Mezz’ora di pura solitudine in cui potevi gettare su un foglio i tuoi pensieri e dire tutto ciò che ti tenevi dentro. Dopo di che ci ritrovammo ognuno nei propri gruppi e iniziammo la condivisione. Ognuno di noi aveva scritto sul proprio foglio qualcosa, ma c’era qualcuno che si nascondeva e qualcun altro che non vedeva l’ora di dire la sua. Le maschere sono la cosa più brutta che possa esistere, lasciamo da parte la nostra vera essenza, costruendoci delle barriere che ci limitano e in un certo senso non fanno respirare quel che il nostro vero ‘io’. Abbiamo sempre paura che qualcuno possa ferirci e che possa lasciare ferite profonde e penetranti nella nostra carne. Ognuno di noi ha ammesso di indossare una maschera e da qui si è incominciato a spaziare su vari temi. Forse il problema era che nessuno di noi riusciva ad ammettere il fatto che i veri amici non siano quelli di cui ci siamo circondati. Gli amici in realtà dovrebbero spronarti a mostrare il meglio di te, a lasciare che nemmeno un briciolo della tua personalità rimanga incastonato, nascosto dentro di te. E forse quel ragazzetto con gli occhiali e la felpa grigia aveva ragione: quando capirai che il meglio di te deve uscire, lì allora saprai amare. E mentre esprimevamo le nostre emozioni, continuavamo a tenere qualcosa chiuso in noi.
L’atmosfera cessò quando si fece ora di pranzo e come lupi ansiosi di mangiare ci recammo in refettorio. Terminato il pranzo, ognuno di noi era libero di fare ciò che desiderava. I campetti al di fuori della casa sembravano quasi chiamarci e gridarci di andare verso di loro. Nessuno di noi ci pensò due volte e sia maschi che femmine scesero di corsa. I tiepidi raggi di sole illuminavano l’asfalto e una leggera brezza cullava i rami di pino che circondavano l’intera struttura. Quasi tutti i ragazzi giocavano a pallone, mentre quelle poche ragazze che erano lì facevano foto, il tifo oppure si dilettavano in ruote e verticali.
Ad una cert’ora si unì a noi anche Don Massimo che invitò tutti ad andare nel campetto di erba sintetica. Nonostante si fosse alzato un vento alquanto forte, tutti erano presi nelle proprie attività. Al termine della partita tutti tornammo dentro e dopo docce e shampii, ci ritrovammo verso le 4 nel salone principale per la visione di un film il cui protagonista era un certo Iqbal. Con la visione abbiamo scoperto che Iqbal era un bambino divenuto schiavo per le fabbriche di tappeti a soli 5 anni. La vita per lui era dura e nonostante fosse volenteroso i proprietari delle fabbriche non sembravano mai soddisfatti.Con gli occhi lacerati dal dolore guardavamo delle scende inquietanti. Bambini che lavoravano dalle 18 alle 22 ore, pedofilia, ragazzini rinchiusi per giorni in una tana sotterranea senza cibo né acqua. Facevamo quasi fatica a credere che tutto ciò fosse vero, non riuscivamo quasi ad ammetterlo. Ripensandoci adesso però dico che Iqbal è un vero e proprio eroe, con le sue testimonianze ha liberato milioni di bambini e ha voluto rivendicare i propri diritti. Ma purtroppo per Iqbal non c’è stato nulla a salvarlo da quei colpi di mitragliatrice. Con quei colpi sordi eravamo stati colpiti tutti che un po’ assonnati e scossi credevamo quasi fosse irreale, invece Iqbal era vissuto ed era anche morto per davvero. Ecco lì di nuovo quei fiumi di parole che non trovavano pace. Perché quel dono così prezioso quale la vita, ad Iqbal è stato sottratto?
Iniziammo subito dopo la preparazione della serata e ci dividemmo in maschi e femmine. L’argomento era chiaro, una sfida tra sessi. Ci dovevamo battere su sfide di canto, ballo, ma soprattutto dovevamo preparare una scenetta satirica sugli atteggiamenti dei ragazzi. Delineati i profili di chi avremmo dovuto imitare andammo a mangiare e sembrava, come al solito, che avessimo un buco nello stomaco.
Quando iniziò la serata le risate sembravano non cessare più, vedere che nonostante la satira alquanto pungente quasi tutti ridevano era una gioia che riempiva il cuore. Ragazzi truccati con tanto di rossetto e eyeliner e ragazze con micro-baffi disegnati al di sopra della bocca.
Ogni scenetta era accompagnata da una fragorosa risata e quasi nessuno si innervosiva o rimaneva allibito da qualche piccola battutina. L’ordine fu ripristinato con la buonanotte dell’unica ex-allieva presente a quel ritiro: Federica. Una ragazza che mi ha sempre ispirato fiducia sin dal primo momento, saranno quei suoi occhiali enormi che le incorniciavano il volto o la sua frangetta ribelle che le copriva completamente la fronte. Forse quella buonanotte ci commosse ancor più della precedente. Vedere che una ragazza, che parla del proprio padre ormai defunto come un ricordo ancora fresco, ti smuove dentro. Forse ripensandoci non avrei mai avuto la stessa forza di quella ragazza, sarà che a 13 anni si è ancora inconsci e non del tutto capaci di ammettere un lutto del genere. Quelle parole come la sera precedente penetrarono dentro di me e si incollarono direttamente al cuore come se quello fosse diventato anche un mio ricordo.
La serata si concluse con un ‘Padre Nostro’ cantato in brasiliano e stanchi ci gettammo nei nostri letti abbandonandoci ai dolci sonni.
Il giorno seguente iniziò in modo ottimale come il precedente e dopo aver fatto una sana colazione ci ritrovammo di nuovo in quel salone dove avvenivano dei momenti alquanto magici. Al solito modo incontrammo Daniele, incontrammo la fiducia, quella che il suo re non gli aveva dato, gettandolo nella fossa dei leoni. Il deserto si basò proprio sulla fiducia, su quanto fosse importante e quanto fosse strettamente collegata alla verità. Durante le condivisioni tutto ciò che ci tenevamo dentro usciva come un fiume in piena e forse solo pochi giorni fa abbiamo capito che fidarsi è la cosa più complicata di tutte, affidare la propria anima nelle mani di un altro, dire ‘io mi fido di te ’, essere disposti a perire per quell’ipotetico lui. L’unica forza motrice è proprio l’amore, senza il quale nulla esisterebbe. Ma la cosa più importante emersa è stato il perdono. Difficile perdonare, quasi impossibile, tanto da non considerarne proprio l’idea.
Dopo di che fino ad ora di pranzo ci fu una pausa nella quale tutti si recarono fuori per assaporare quei primi  timidi raggi sottili che Santeramo offriva.
Il pranzo come al solito fu divorato e qualcuno si stupiva per le quantità industriali ingerite da qualche altro compagno. Dopo il pranzo, come fatto il giorno prima, approfittammo dello splendido clima. Chi giocava a pallone, chi si distendeva sui gradoni sperando di ottenere un po’ di abbronzatura anticipata e qualche ragazzo che veniva preso in giro da qualche animatore. Scherzi a fin di bene s’intende, ma che hanno turbato un po’ colui che ne era il destinatario. Scherzo concluso con un lieto fine ovviamente ma che inizialmente non era stato ben inteso. Forse sarà stata la ricerca di questo famoso e inesistente ‘terlizio’ a sconvolgere quelle che erano le conoscenze di noi ragazzi? O il fatto che neanche google riuscisse a portare nessuna notizia su quest’oggetto sacramentale da animatori inventato?
Anche in questa occasione non sono mancati risolini e cenni d’intesa e ormai sembrava che qualunque cosa si dicesse fosse in perfetta armonia con le cose precedenti.
In questo clima di serenità non è mancata la spiritualità che avrebbe caratterizzato il pomeriggio e la notte. Durante il pomeriggio con l’arrivo di Don Fabio la religiosità incominciò ad invadere ogni angolo della casa. Il pregare, il meditare non furono per nulla un peso e nel frattempo, grazie all’aiuto degli animatori nel salone, si scrivevano poche righe in merito ad argomenti già affrontati. Venivamo accompagnati da canzoni, immagini il cui tema principale erano i 5 elementi, che un po’ esprimono quasi tutte le nostre sensazioni, emozioni.
Al di fuori del salone scena altrettanto spirituale arricchiva quell’ambiente. Le confessioni erano iniziati e questa volta non contava quanti peccati avessimo commesso, ma se fossimo riusciti a battere i confini e mostrarci senza maschera. Poco prima di tutto ciò avevamo affrontato l’ultimo incontro con Daniele alla solita maniera.  Daniele oramai salvo anche dopo un’intera nottata nella fossa dei leoni, accusa il re ed il popolo per aver condannato una donna ritenuta adultera, senza prima averne verificato la realtà dei fatti. I due testimoni rivelatisi dei bugiardi avevano quasi condotto a morte una povera innocente, ignorando che la stessa sorte sarebbe adesso toccata a loro.
Daniele oramai era quasi reale nella nostra testa e sembrava alcune volte di percepirne la presenza. Mai agitatami per una confessione, quella volta, come tutti dal resto, avevo paura. Paura che il Signore non mi perdonasse o che peggio non riuscissi a dire tutte le mie colpe e tutte le mie ansie. Al contrario dei pensieri le azioni si svolsero grandiosamente. Tutti coloro che uscivano dal confessionale avevano una faccia distesa, serena, riposata, come se qualcuno li avesse ripuliti per bene. Forse era questa la cosa che dovevamo capire, in quanto a qualsiasi tipo di sentimento da noi provato, sia esso di buona o cattiva natura, Dio continua ad amarci, perdonarci, rispettarci. La domanda sorge spontanea: “Come può un essere provare tanto amore?” Queste son domande a cui sapremo rispondere solo una volta passati dall’altro lato, ma per ora possiamo limitarci a credere che tutto ciò sia incredibile.
A proposito di cose incredibili quella serata non fu da meno. Scenette satiriche sui vari episodi di Daniele furono presentati da ogni gruppo, poesie quasi forzate furono declamate da ragazzetti timidoni a qualche ragazzina. La serata quella volta finì presto, ci dovevamo preparare alla visione e alla veglia con il Santissimo.
Ci recammo tutti in una cappellina, allestita quasi come se fosse festa. Tappeti morbidi e colorati ricoprivano quasi i tre quarti di pavimenti e tutt’intorno vi erano sedie. Dinanzi a noi un altare, con una struttura dorata la quale sorreggeva il corpo dell’Altissimo. Fino a mezzanotte inoltrata pregammo tutti insieme tra sbadigli e stupore. Dicevamo il rosario alternando le voci e ad ogni pausa, un animatore parlava delle sue esperienze passate e di quanto lo avesse cambiato quella attuale. Alcuni discorsi facevano scendere le lacrime e in quella micro saletta tutto sembrava amplificato. Giunta l’ora, ognuno di noi ragazzi incominciò ad alternarsi per i turni notturni. Sembrava tutto un sogno e pareva di sentire il respiro caldo del Signore sulla nostra pelle, benché all’inizio se ne fosse impauriti, ci si lasciava ora cullare da quella presenza onni -amante . La mattina seguente tutto parve un sogno, certo un sogno d’oro, ma pur sempre un sogno. Incominciammo a preparare le valigie e a malincuore accettammo l’idea che anche quell’esperienza fosse arrivata al capolinea. Il clima come al solito di gioia mescolata ad eccitazione non mancava mai e il tutto colmò nella celebrazione della Messa, della quale sembravamo tutti davvero provati e lo eravamo per davvero. Fattasi una certa ora ci trascinammo in mensa, emozione mista a sonno prendeva il sopravvento su ogni cosa portando qualcuno a dire o fare cose senza senso. Dopo pranzo fatte le dovute foto e saluti partimmo. In verità credo siamo partiti solo fisicamente perché una parte del mio cuore è rimasta lì e l’altra è stata frammentata e distribuita ad ogni mio compagno di viaggio. Vorrei ricominciare da capo come quei giochi a tempo della Playstation ma mi rendo conto che non è possibile. Stavolta vorrei ringraziare ogni ragazzo, perché senza di lui quest’esperienza non sarebbe stata tale . Concludo dicendo che ovviamente senza la nostra guida spirituale non avremmo potuto fare niente e forse in due anni non saremmo cresciuti così tanto. Grazie Don Massimo, perché con te si è compiuto in pieno quel compito di Santità da Don Bosco assegnato.

Chiara Iaselli

ALBUM FOTOGRAFIE ESERCIZI SPIRITUALI SECONDO ANNO – Fotografie Realizzate da Angela Marzano 

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Gli Esercizi Spirituali? Un’esperienza tutta da scoprire!!!

Noi siamo ragazzi del IV B e vogliamo portare ai nostri lettori una testimonianza di ciò che sono secondo noi i ritiri spirituali. Facciamo esperienze di questo tipo dal primo anno e vi assicuriamo che l’impatto come potete immaginare all’inizio non è stato così facile da reggere, ma poi nel corso del tempo abbiamo cambiato idea. Sono quattro giorni in cui c’è uno scambio “interculturale” ed emotivo continuo che chi vi partecipa porterà per sempre dentro di sé. Ci si ritrova a convivere e a condividere un po’ di se stessi con ragazzi e ragazzi che provengono da ogni parte d’Italia. Si ha l’opportunità di conoscere persone di cui si avverte la mancanza ancora prima di lasciarle, può capitare di parlare con ragazzi coetanei di cui si ha difficoltà a capire il dialetto, troppo stretto per voi!

Ma ci si sveglia al mattino con la voglia di stare con loro nonostante la stanchezza e si arriva a non sentirti più a disagio: immaginate lo stato di confidenza che si era creato, a punto tale che l’ultima siamo stati semplicemente in pigiama davanti a tutti, pensate un po’…!

Quest’anno per noi è stata un’esperienza particolare, perchè purtroppo abbiamo vissuto questo esercizio spirituale per l’ultima volta con le persone a noi più care; ma rifaremmo altre mille esperienze con le stesse persone, nello stesso periodo, e nello stesso posto.

Alla fine non conta DOVE sei ma con CHI sei! Divertitevi anche voi e godete di quei momenti che non tornano più.

Daria Sanseverino, Carmine Cozzolino, Eliana Colamatteo 

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