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Author Archives: Luigi Morra

Paolo di Canio: il romano tifoso della Lazio

Paolo Di Canio nasce a Roma il 9 luglio 1968, trascorre l’infanzia nel quartiere romano del Quarticciolo, zona periferica e popolare di Roma, dove la maggior parte degli abitanti è di fede romanista. Fin da ragazzino Di Canio è ribelle ed anticonformista e lo dimostra scegliendo di tifare per la Lazio, nonostante in famiglia siano quasi tutti tifosi romanisti. All’età di 14 anni entra a far parte delle giovanili della Lazio. E’ uno dei giocatori più promettenti del vivaio biancoceleste ma anche molto irrequieto e difficile da gestire sul campo. Il sabato pomeriggio gioca e di notte parte con gli “Irriducibili”, uno dei gruppi ultràpiù duri di tutto il tifo laziale, per trasferte in ogni angolo d’Italia. Viene ceduto in prestito al Napoli. Con gli eredi di Maradona, Di Canio ha la possibilità di giocare con continuità e sfogare il suo talento. Colleziona 26 presenze e 5 reti che lo portano ad essere eletto nella Squadra dell’Anno della Serie A. Nonostante la buona stagione non ne vuole sapere di tornare alla Juventus e viene ceduto al Milan. Totalizza con i rossoneri 37 presenze e 6 reti in due stagioni, dorate da uno scudetto (1996) e da una Supercoppa Europea. Di Canio arriva allo scontro fisico anche con Fabio Capello: nell’estate del 1996 emigra in Gran Bretagna, in Scozia, al Celtic Glasgow. In una sola stagione diventa un idolo del calcio scozzese fino ad essere votato giocatore dell’anno. Nell’estate del 1997 a seguito di contrasti con la dirigenza lascia la Scozia per trasferirsi in Inghilterra allo Sheffield Wednesday. Anche in Inghilterra viene votato giocatore dell’anno e insieme a Gianfranco Zola diventa alfiere del calcio italiano d’Oltremanica. Il 26 settembre 1998 accade un episodio incredibile: Di Canio protesta contro l’arbitro Paul Alcock e, spingendolo, lo manda a terra. Per questo gesto rimedia undici giornate di squalifica e i media inglesi così come l’opinione pubblica sono tutti contro di lui. Lo Sheffield scarica Di Canio per poche sterline al West Ham United nel gennaio 1999. Con la maglia della squadra londinese Paolo vive una seconda giovinezza. Ben presto diventa un idolo degli “hammers” evince il titolo di capocannoniere nel 1999/2000. Sempre nel 2000 riceve dalla Fifa il premio “Fair play”, per la correttezza e la sportività dimostrata sul campo. C’è un episodio simbolo di questo successo: durante un’azione di attacco il
portiere avversario è infortunato e giace per terra, Di Canio anzichè approfittare della situazione evita di segnare a porta vuota e ferma il gioco di sua iniziativa richiamando l’attenzione del direttore di gara. Nell’autunno del 2000 esce la sua autobiografia; nel libro, che riscuote da subito un buon successo, Di Canio racconta senza paure, pregi e difetti del calcio italiano, i difficili rapporti con gli allenatori, fino a parlare di politica e religione. Nell’estate del 2003 passa al Charlton Athletic con un contratto annuale. E’ il preludio di un ritorno alla Lazio che si concretizzanell’agosto del 2004. Alla presentazione sono presenti 5.000 tifosi laziali. Di Canio ha problemi anche con l’allenatore Caso e l’avvento di Giuseppe Papadopulo è un toccasana. Al derby del 6 gennaio 2005 Di Canio segna
un gol sotto la Curva Sud come 16 anni prima, ma è una delle poche soddisfazioni in una stagione problematica per la Lazio e l’attaccante romano è spesso fuori per infortuni e scelte tecniche. In totale realizza 24 presenze e 6 gol. Nel luglio 2005 pubblica il suo secondo libro: “Il ritorno: un anno vissuto pericolosamente”, in cui racconta la stagione appena trascorsa. In questo periodo la figura del “personaggio” Di Canio è sovente alla ribalta per il saluto romano che è solito rivolgere alla curva laziale. Il gesto ha suscitato diverse polemiche e ha fatto discutere per parecchio tempo in piazze, bar e studi televisivi. Squalificato per una giornata e punito con un’ammenda, per il bene della sua squadra e della società, Di Canio si è impegnato a non esibirsi più in gesti impropri, considerati (da qualcuno) da “demoni”. Al termine della stagione 2005-2006 la dirigenza della Lazio (nonostante la pressione del tifo organizzato), decide di non rinnovare il contratto al calciatore romano.

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Caserta: Traffico e spaccio di droga, 10 arresti dei carabinieri

SAN FELICE A CANCELLO – Scacco ad una organizzazione di trafficanti di droga in provincia di Caserta. I carabinieri di Maddaloni, coordinati dai magistrati della Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli, hanno dato esecuzione a un ordine di custodia cautelare in carcere nei confronti di 10 indagati ritenuti a vario titolo responsabili dell’accusa di associazione a delinquere finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti e spaccio in concorso.
L’indagine, condotta dal mese di marzo a quello di luglio del 2014, ha consentito, tra l’altro, di accertare l’esistenza di un’associazione per delinquere, finalizzata alla detenzione e vendita di sostanze stupefacenti quali cocaina e hashish con base logistica nel comune di San Felice a Cancello.

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L’Incredibile morte nel mondo del calcio: Cesare Maldini

Cesare Maldini nasce a Trieste nel rione di Servola, il 5 febbraio 1932. Considerato da tutti come l’erede spirituale del suo maestro Nereo Rocco, Maldini ha anche lui raccolto maggiori successi da allenatore piuttosto che da giocatore, proprio come il suo maestro. Calcisticamente nasce nel vivaio della Triestina e fa il suo esordio in serie A con la maglia rosso-alabardata il 24.05.1953. Nel ’54 giunge ad allenare la Triestina il mister Nereo Rocco che troverà un giovane Maldini già titolare e capitano. Nella stagione ’54/55, Maldini è al Milan, con il quale disputa la sua prima partita proprio contro la Triestina (finita 4-0 per il Milan). Nel Milan Maldini giocherà fino al 1966 disputando 347 partite, realizzando 60 reti, vncendo 4 scudetti, una coppa italia e, nel 1963, la Coppa dei Campioni battendo a Wembley il Benfica del mitico Eusebio. Questa è una data molto importante in quanto segna la prima coppa europea vinta da una squadra italiana dal dopoguerra e Cesare Maldini fu quindi il primo italiano che alzò questa coppa.

Durante la sua carriera da calciatore, Maldini si distingue per un suo stile spettacolare alquanto narcisista, comportamento che gli costerà spesso errori di gioco che gli esperti definirono “maldinate”. Caratteristica è, a questo proposito, la sua ultima partita disputata con la maglia del Milan, quando Cesare segnò un’autorete in favore
degli avversari che rimase l’unica rete contro le sei segnate dalla sua squadra in quel incontro. Nelle stagioni ’66/67 e ’67/68 Maldini gioca con il Torino (allenato da Rocco) dove concluderà la sua carriera di calciatore. Maldini veste anche per 14 volte la maglia della Nazionale. 

Terminata la carriera da giocatore, Maldini inizia quella di allenatore. Ecco le sue prestigiose tappe: inizia come allenatore in seconda nel Milan del mitico Rocco per tre campionati, passa quindi in serie B prima al Foggia poi alla Ternana ed infine in C/1 con il Parma che Maldini porterà in B. Dal 1980 al 1986 è l’allenatore in seconda della Nazionale (Campione del Mondo in Spagna nel 1982) e dal 1986 al 1996 è l’allenatore della Nazionale Under 21 con la quale otterà numerosi successi. Nel dicembre del ’96 diventa allenatore della Nazionale con la quale fa il suo esordio il 29 marzo 1997 contro la Moldova, in una partita valevole per la qualificazione ai campionati del mondo, nientepopodimenoche allo stadio Nereo Rocco di Trieste, vincendo per 3 a 0 (e Bobo Vieri segna il centesimo gol della storia della Nazionale). Guida quindi la Nazionale ai mondiali di Francia ’98 dove non subirà alcuna sconfitta e verrà eliminato in semifinale ai rigori proprio dai padroni di casa (poi campioni del mondo). Nel 1998 Maldini assume il ruolo di consigliere tecnico del Milan e nel marzo del 2001 va a sedere sulla panchina della quadra rossonera fino a fine campionato, per poi ritornare al suo ruolo di consigliere tecnico.
Il 27 dicembre 2001, Cesare Maldini parte per il Paraguay, chiamato a svolgere la funzione di c.t. della Nazionale sudamericana in vista dei mondiali di Giappone-Corea del Sud 2002. Approda quindi ai mondiali superando la prima fase eliminatoria al secondo posto dietro la Spagna:
– 02/06/02 09:30 Paraguay – Sud Africa 2-2 stadio di Busan
– 12/06/02 13:30 Slovenia – Paraguay 1-3 stadio di Seogwipo
– 07/06/02 11:00 Spagna – Paraguay 3-1 stadio di Jeonju
purtroppo però l’avventura mondiale del Paraguay di Maldini termina il 15 giugno allo stadio di Seogwipo per un gol segnato allo scadere del secondo tempo dalla Germania di Rudy Voeller. Solo tre giorni più tardi suo figlio Paolo giocherà la sua ultima partita in un mondiale, un sogno stroncato allo scadere del secondo tempo supplementare da un golden gol inflitto all’Italia dalla nazionale della Corea del Sud. 

Cesare Maldini è oggi un personaggio noto per il suo particolare modo di parlare che lascia intravedere le tipiche vocali aperte del dialetto triestino, particolare che non è sfuggito neanche a Teo Teocoli che ne è l’imitatore per eccellenza. Maldini ebbe la fortuna, nella sua carriera da giocatore, di avere un allenatore come il grande Nereo Rocco che, soprattutto negli ultimi anni, istitui la cosiddetta “commissione interna” con la quale l’allenatore dava la massima fiducia ai giocatori più anziani dando loro il potere di riorganizzare la squadra in pieno gioco quando lo ritenevano indispensabile.

E’ in questo modo che proprio Maldini decide in pieno gioco di portare un cambiamento nella marcatura della “tigre nera” Eusebio, soluzione che conferirà la Coppa dei Campioni alla sua squadra.
E’ bello ricordare un episodio accaduto il 26 maggio del 1968 quando Maldini disputa un’amichevole allo stadio Grezar con la Triestina per festeggiare i 50 anni della sua prima squadra. In quella occasione Maldini regalò al sindaco un gonfalone che simboleggiava oltre che il cinquantenario della Triestina anche i 50 anni del ritorno di Trieste all’Italia. Si è spento il 2 aprile 2016.

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E tu conosci le 14 “cassanate” di Antonio Cassano?

L’attaccante barese Antonio Cassano è molto conosciuto sia dentro che fuori dal campo. Dopo aver lasciato anche il Parma per approdare di nuovo alla Sampdoria, dopo Bari, Roma, Real Madrid, Milan, Inter. Una carriera fatta di talento, estro ed eccessi, fuori e dentro il campo. In Serie A ha collezionato 376 presenze, segnando 111 gol.

Ecco le 14 “cassanate”: conosciute e meno conosciute. 

  1. Ancora ai tempi del Bari, Cassano fu beccato dalla polizia a circolare in automobile tra le strade del capoluogo pugliese con il solo foglio rosa e senza accompagnatore. In un’altra occasione fu invece fermato perché alla guida di un motorino senza casco.
  2. In Under 21, nel marzo del 2001, dopo essere rimasto in panchina nella partita contro la Romania, ebbe un diverbio con l’allenatore Claudio Gentile e il giorno successivo lasciò il ritiro.
  3. Durante la trasferta di Champions League di Madrid, fu richiamato ufficialmente perché malgrado fosse vietato portare il cellulare a tavola, il suo squillò durante la cena facendo imbestialire Capello.
  4. Il 23 febbraio 2003 a Udine venne squalificato per aver ripetutamente insultato l’arbitro Pieri.
  5. Nella finale di Coppa Italia del 31 maggio 2003 contro il Milan, espulso dall’arbitro Rosetti, Cassano gli mostrò le corna.
  6. Nella stagione successiva (2003/2004), promise a Capello che in caso di gol nella sfida con la Juventus avrebbe rotto la bandierina del calcio d’angolo. Roma-Juventus 4-0 con doppietta di Cassano…
  7. Passato al Real Madrid, Cassano ritrovò Capello che tuttavia non prese molto bene l’imitazione durante un pre partita da parte dell’attaccante barese (dicembre 2006) che segnò in pratica la fine della sua avventura spagnola.
  8. Il 2 marzo 2008, contro il Torino, Cassanoperse nuovamente la testa quando fu espulso per proteste dall’arbitro Pierpaoli. Il giocatore si tolse la maglietta e minacciò ripetutamente il direttore di gara aspettandolo fuori dal tunnel degli spogliatoi. Cinque giornate di squalifica e multa salatissima.
  9. Approdato alla Sampdoria, il 16 dicembre 2007 era diffidato durante la gara contro la Fiorentina e, ammonito, fu costretto a saltare la tanto attesa sfida contro la sua ex squadra, la Roma. Dopo aver preso il giallo fece una vera e propria sceneggiata scoppiando addirittura in lacrime.
  10. Dopo oltre due anni di tranquillità e dopo aver portato la Sampdoria in Champions League, arrivò la lite col presidente Garrone che segnò praticamente la fine della storia d’amore tra Cassano e il club ligure. Le versioni sull’accaduto sono contrastanti, ma sembra che Garrone volesse che Cassano lo accompagnasse a Sestri Levante per ritirare un premio, ma il giocatore non ne volle sapere. I toni si alzarono fino agli insulti finali di Cassano nei confronti del presidente: “Fan****! Vecchio di m…(insulti vari mentre rientra nello spogliatoio). Vaff…bocch…(altri insulti, dello stesso tenore, sono stati ascoltati da tifosi e giocatori della Samp).”(Gazzetta)
  11. Durante la conferenza stampa prima del match contro la Croazia valevole per la fase a gironi di Euro 2012, Cassano parlò così riguardo i gay in nazionale: “Gay in nazionale? Sono problemi loro. Ma
    spero di no… Me la cavo così, sennò sai gli attacchi da tutte le parti”. Polemiche in questo caso forse troppo eccessive…
  12. Polemiche asprissime con Galliani dopo il suo passaggio all’Inter nello scambio con Pazzini e dopo che il Milan lo aveva aiutato nei suoi problemi cardiaci. “Mi ha preso in giro, promette ma poi non mantiene la parola. Faceva tanto fumo e poco arrosto”
  13. Polemiche anche con l’allenatore della Juventus, Antonio Conte, quando nel novembre 2012 dichiarò che alla Juve ci fossero soltanto “soldatini”.
  14. L’ultima cassanata è molto più recente: Cassano e l’allenatore dell’Inter Stramaccioni arrivano alle mani dopo un diverbio. 
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Omar Sivori: il grande campione argentino

Omar Sivori nasce il 2 ottobre 1935 in Argentina, a San Nicolas. Comincia a calciare il pallone nel Teatro Municipale della città. Arriva così al River Plate di Renato Cesarini, ex giocatore della Juventus.
Sivori viene presto soprannominato “el cabezon” (per la grande testa) oppure “el gran zurdo” (per l’eccezionale sinistro di cui è dotato). Con i biancorossi di Buenos Aires, Sivori è campione d’Argentina per un triennio, dal 1955 al 1957.Sempre nel 1957 con la nazionale argentina vince il campionato sudamericano disputato in Perù, dando vita con Maschio e Angelillo a un trio centrale d’attacco incontenibile. Poco dopo Sivori raggiungere l’Italia e la Juventus. Anche gli altri due protagonisti argentini partono per il campionato italiano: i tifosi ribattezzeranno i tre come gli “angeli dalla faccia sporca”. Umberto Agnelli, all’epoca presidente, ingaggia Omar Sivori su segnalazione dello stesso Renato Cesarini, pagandolo ben 160 milioni, cifra che consentì al River Plate di ristrutturare il proprio stadio. Al suo arrivo a Torino, Sivori rivela in breve tutto il suo talento.
Sivori non conosce le giocate banali, è nato per stupire, per divertire e per divertirsi. Immenso per i suoi dribbling e le sue finte. Segna e fa segnare. Inganna frotte di terzini e diventa il primo giocoliere del campionato, irridendo, con i suoi calzettoni abbassati (alla “cacaiola”, diceva Gianni Brera) e il caratterino che si ritrova, fior di avversari in campo e in panchina. E’ considerato l’inventore del cosiddetto “tunnel”. Omar non si tira indietro nemmeno quando le sfide si fanno infuocate. Il suo limite è rappresentato dal nervosismo che lo accompagna: irriverente, provocatore, non sa tenere a freno la lingua, è vendicativo. Nei dodici anni di carriera in Italia accumulerà ben 33 turni di squalifica. Milita al servizio della Juventus per otto stagioni. Vince 3 scudetti e 3 Coppe Italia e segnando 167 gol in 253 partite. Nel 1960 con 28 centri vince la classifica dei cannonieri del campionato italiano. Nel 1961 “France Football” gli assegna il prestigioso “Pallone d’Oro”. Nel 1965 Sivori divorzia dalla Juventus. Si trasferisce al Napoli dove in compagnia di Josè Altafini manda in visibilio la tifoseria partenopea. Abbandona l’attività – causa anche una pesante squalifica – proprio prima della fine del campionato 1968-69 e rientra in Argentina. Omar Sivori veste per nove volte la maglia azzurra segnando 8 gol e partecipando allo sfortunato Mondiale cileno del 1962. Dopo tanti anni nel 1994 riprende il rapporto di lavoro con la Juventus, con l’incarico di osservatore per il Sud America. Omar Sivori è stato anche commentatore per la Rai: poco diplomatico da giocatore, non era cambiato in tv. Andava giù piatto, con giudizi netti, forse troppo per la prudenza dell’emittente di Stato. Omar Sivori è morto a 69 anni, il 18 febbraio 2005 a causa di un tumore al pancreas. E’ morto a San Nicolas, la città a circa 200 chilometri da Buenos Aires, dove era nato, dove risiedeva da molto
tempo e dove manteneva un’azienda agricola.

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Éric Daniel Pierre: quel calcio che tanto costò…

Éric Daniel Pierre è un attore, dirigente sportivo ed ex calciatore francese, di ruolo attaccante. Lo si ricorda principalmente per i suoi trascorsi nel Manchester United, squadra in cui ha militato dal 1992 al 1997. È stato il principale protagonista della rinascita sportiva del club di Manchester negli anni novanta: con lui, infatti, i Red Devils hanno vinto quattro Premier League e due FA Cup nell’arco di cinque stagioni.”Quando i gabbiani seguono il peschereccio è perché pensano che delle sardine stanno per essere gettate in mare”: questa frase interpreta alla perfezione lo stile di vita di Eric Cantona, “The King”. Un emblema, un’icona, un’istituzione per tutti gli appassionati di calcio del mondo: nel 2001 i sostenitori del Manchester United lo hanno eletto Calciatore del secolo del club. Un francese, in Inghilterra. D’altronde era impossibile non amare Eric, per la personalità e la capacità di incarnare alla perfezione l’ideale di calciatore a tutto tondo, leader in campo e fuori. Pochi mesi fa è ricorso l’anniversario del mitico incidente di Selhurst Park, lo vogliamo celebrare, anche se si tratta di uno degli episodi più controversi della sua carriera. Già, perchè il 25 gennaio del 1995 Eric Cantona decise di entrare nella storia a suo modo: durante una partita in trasferta dello United contro il Crystal Palace, venne espulso dall’arbitro per aver colpito con un calcio il difensore avversario Richard Shaw che lo aveva trattenuto. Quando si avviò negli spogliatoi, provocato da un tifoso avversario, lo colpì con un calcio in stile kung-fu. Matthew Simmons, questo il nome dell’hooligan del Palace, fu successivamente processato per aver insultato il francese e fu condannato a sette giorni di carcere, anche se uscì soltanto ventiquattro ore dopo la sentenza. Cantona fu rinviato a giudizio ed il processo divenne un caso mediatico: condannato a due settimane di carcere, vide la sentenza ridotta in appello a 120 ore di servizio civile. Fu poi sospeso dalla Federcalcio inglese per nove mesi, fino all’ottobre successivo, e la squalifica costò il campionato allo United, che venne beffato da Blackburn di Shearer e Sutton.

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Calciatori: tra genio e sregolatezza

Benvenuti a tutti in questo mio nuovo spazio, collegato alla rubrica sportiva, nel quale tratterò di giocatori poco o tanto conosciuti, del presente e del passato, accomunati dal genio ma allo stesso tempo dalla sregolatezza. Farò una serie di articoli su questo tema raccontandovi, in modo molto sintetico, i miei migliori geni sregolati. INIZIAMO SUBITO!

George Best: Lo United lo scoprì bambino nelle periferie di Belfast, lo portò fuori da una adolescenza difficile e gli regalò il successo ma non poté fare nulla contro il vizio che lo avrebbe portato presto alla distruzione: l’alcol. A soli 27 anni George Best lasciò Manchester per cominciare un lungo peregrinare in giro per il mondo, continuando a coltivare le sue passioni: alcol, donne e motori. Morì all’età di 59 anni nel suo letto dopo aver perso la battaglia contro l’alcol. Celebri sono le sue frasi: “i sentimenti creano dipendenza… meglio l’alcol” oppure “ho amato almeno 2000 donne senza doverle sedurle mi bastava dire -Ciao sono Best dello United-” o ancora “ho speso molti soldi in alcol, donne e macchine veloci, il resto l’ho sperperato”.

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Pasquale Bruno: Già il fatto che fosse soprannominato “O’ Animale” dovrebbe far capire il carattere del giocatore. In sedici anni di calcio ha collezionato più cartellini gialli e rossi di chiunque altro in Italia; ha litigato con tutti i migliori, ma è stato un idolo dei tifosi del Torino. Famosa è la rissa sfiorata nel derby con la Juve dopo un’espulsione-lampo (15 minuti, due cartellini gialli) a seguito della quale viene portato fuori dai compagni. A proposito di tale episodio dirà, anni dopo: “Avevo perso la testa, non so cosa avrei fatto. Diciamo che i miei compagni mi salvarono la carriera”.

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Omar Sivori: Tanta tecnica con i piedi quanto irascibile nell’atteggiamento. In carriera ha collezionato 33 giornate di squalifica, dato impressionante visto che si parla di un attaccante. La sua “fortuna” è stata quella di aver giocato con Charles, che ogni tanto provava a farlo ragionare. Famosa la scena in cui quest’ultimo, durante una partita, mollò uno schiaffo a Sivori per evitare l’ennesima rissa.

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Garrincha: Oltre ad essere uno dei calciatori brasiliani più forti e amati di ogni epoca, è considerato un personaggio estroso per via dei numerosi eccessi che lo portarono alla morte all’età di 49 anni in condizioni di miseria, vittima dell’alcolismo e dei debiti proprio come Best.

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Inter no-stop, Palermo implacabile e Milan deludente

La 16esima giornata di serie a è stata ricca di goal. Una goleada del Palermo che si impone in casa contro il modesto Frosinone per 4-1. Tutti i goal sono stati firmati da 5 giocatori diversi: Goldaniga, Vazquez, Trajkovski e Giliardino del Palermo e Sammarco del Frosinone. L’Inter si impone per 0-4 in trasferta ad Udine con doppietta di Icardi, un goal di Brozovic ed un gol di Jovetic. Ed è proprio l’Inter che si riconferma prima in campionato. La squadra che delude è il Milan di Mihajlovic che pareggia in casa contro l’Hellas Verona. Al 52esimo minuto il Milan con Bacca passa in vantaggio ma 5 minuti dopo l’Hellas pareggia con un rigore perfetto battuto da Toni. Importante sarà la prossima giornata che potrebbe già mettere “dei punti sulle i” per la corsa allo scudetto.

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Riviviamo la 14a giornata di Serie A

Il primo anticipo della 14° giornata di Serie A si apre con il match Torino-Bologna. Un primo tempo senza grandi emozioni, a confronto del secondo che invece ripaga di tutte le emozioni mancate, grazie al gran gioco messo in mostra dal Toro. Al 59esimo minuto Quagliarella con una girata di testa prende un palo. Un quarto d’ora più tardi arriva il gol del vantaggio siglato dal giovanissimo Belotti su assist di Moretti. Il secondo gol del Toro è firmato Vives nei minuti di recupero. L’altro anticipo Milan-Samp finisce sul 4-1 a favore dei padroni di casa con gol di Bonaventura, doppietta di Niang e conclusione di Luiz Adriano per finire con il “gol della bandiera” all’86esimo di Eder su rigore. La Sampdoria è in una crisi nera che non si è risolta con l’arrivo del mister Vincenzo Montella. La Roma, sulla stessa scia, dopo aver subito la pesantissima sconfitta contro il Barcellona, è obbligata a vincere contro l’Atalanta ma ciò non accade: perde per 0-2 con gol di Gomez al 40esimo e Denis su rigore all’82esimo. Una partita non corretta quest’ultima, segnata da tre espulsioni: due per l’Atalanta ed una per la Roma.

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L’Italia piace ma delude

L’Italia Under 21 è una squadra temibile e in continuo miglioramento.In Serbia, nella partita più difficile del girone di qualificazione a Euro 2017, parte imponendo il gioco ma  poi cala, prende un gol assurdo ma poi reagisce. Finisce 1-1 e sembra un allenamento della Lazio travestito da partita internazionale poichè segnano Milinkovic con un cross finito in porta e Cataldi. Al di là dei gol l’Italia è piaciuta per l’ atteggiamento di squadra anche se ha un chiara carenza in attacco. Berardi non ha sfruttato due occasioni troppo semplici per uno come lui, mentre Cerri e Boateng hanno confermato di non avere le giocate per decidere una partita così importante. Centrocampo e difesa hanno fatto meglio, Mandragora ha giocato una gran partita e Barreca all’esordio da titolare è piaciuto. L’Italia diverte e impone il gioco ma è troppo ingenua,concedendo troppi spazi. 

La nazionale maggiore di Conte, invece, nell’amichevole contro il Belgio conclude sul risultato deludente di 3 a 1. Candreva illude Conte, poi gli azzurri crollano a  Bruxelles. Il vantaggio immediato non basta: Vertonghen, De Bruyne e Batshuayi ribaltano il risultato, e se non basta la sfortuna travolge la nazionale di Conte: Eder colpisce una clamorosa traversa. Il talento dei Diavoli Rossi e gli errori di Chiellini e Bonucci fanno la differenza.

LA CRONACA. Folgorante l’avvio dell’Italia che al 3’ è già in vantaggio: Candreva cambia gioco sulla destra per Florenzi che mette in mezzo un pallone rasoterra per Pellé, destro secco dell’attaccante del Southampton, Mignolet respinge ma nulla può sulla ribattuta di Candreva che insacca facilmente da due passi. Il Belgio accusa il colpo ma ha la fortuna di trovare il pareggio dieci minuti dopo al primo tiro in porta: corner dalla destra di De Bruyne e colpo di testa vincente di Vertonghen che anticipa Chiellini sfruttando un blocco di Witsel su Parolo. Al minuto 39 il gioco si ferma: sul maxischermo dello stadio Re Baldovino scorrono i nomi delle 39 vittime dell’Heysel tra gli applausi commossi di tutti gli spettatori. Poi si ricomincia a giocare ma il secondo tempo è quasi un monologo del Belgio. La squadra di Wilmots schiaccia il piede sull’acceleratore e cinge d’assedio l’area azzurra. Eppure è la Nazionale azzurra al 61’ ad avere la palla giusta per il 2-1 ma il destro di Eder, una specie di rigore in movimento, finisce incredibilmente sulla traversa. Gol sbagliato, gol subito e il Belgio torna in vantaggio al 74’: pasticcio di Bonucci che in fase di impostazione regala palla al Belgio, Buffon salva su Batshuayi ma nulla può sulla successiva ribattuta di De Bruyne. L’Italia sparisce dal campo e i Diavoli Rossi calano il tris con Batshuayi che fulmina Buffon sul primo palo su assist di Hazard. Finisce 3-1 per la squadra di Wilmots.

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