#Relatività100: la teoria della relatività generale

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la teoria della relatività

Con la concezione di spazio e tempo si modifica radicalmente anche quella della massa, della materia, la quale, anch’essa, come lo spazio e il tempo, cessa di essere indipendente da dall’osservatore, dallo stato di moto, dalle situazioni fisiche più disparate. Secondo la teoria della relatività la massa non è più qualcosa di statico e immobile, ma, piuttosto, qualcosa di estremamente dinamico, capace di modificarsi e di dilatarsi come il tempo al crescere della velocità, e convertibile addirittura in energia pura secondo quanto stabilito dalla più famosa equazione della fisica . Questa formula assicura che la massa, indicata con m, si può convertire direttamente in energia, indicata con E.

Un quantità irrisoria di massa può fornire un quantitativo di energia estremamente grande. Le esplosioni nucleari di Hiroshima e Nagasaky sono state una triste e sciagurata conferma della validità della scoperta: dai processi di fissione nucleare a catena susseguenti lo scoppio della bombe nucleari parte della massa della bomba si è trasformata direttamente in energia, un’energia devastante capace di spezzare migliaia di vite umane e di radere al suolo quasi per intero le città giapponesi.

Così, con un semplice articolo, Einstein riuscì a modificare radicalmente le fondamenta della meccanica, e, in pratica la stessa concezione dell’universo, obbligando scienziati e filosofi a ripensare in modo completamento nuovo allo spazio, al tempo, alla materia.

Tuttavia, lo scienziato tedesco non rimase a cullarsi sugli allori, ma proseguì nel suo sforzo di comprensione dell’universo cercando di estendere la teoria della relatività ristretta fino a comprendere gli osservatori in moto accelerato, e non più in movimento a velocità costante, e la forza di gravità. La sua ricerca continua e spasmodica era sempre animata dalla fede che la ragione umana da sola bastasse a squarciare il velo dell’incomprensione sull’universo, riuscendo con l’intuito e la matematica a carpirne il funzionamento.

Di buona lena si mise al lavoro per cercare di sviluppare e portare alle estreme conseguenze un’idea innovativa che aveva avuto sulla forza di gravità, su quella forza che tende a far cadere verso terra qualunque oggetto e che garantisce il movimento della Luna attorno alla Terra e della Terra attorno al Sole. Einstein pensava che la forza di gravità fosse una proprietà che acquisisce lo spazio-tempo nelle vicinanze di un corpo dotato di massa: più grande è la massa del corpo maggiore è la deformazione dello spazio-tempo. Un’intuizione rivoluzionaria, ma che aveva il difetto di non essere corroborata da un modello matematico soddisfacente e coerente. Con una buona dose di umiltà, lo scienziato tedesco prese lezioni di matematica relativamente alla geometria degli spazi curvi da un suo amico matematico Marcel Grossmann, e così verso la fine del 1915 venne alla luce la “teoria della relatività generale”, dove l’aggettivo generale sta ad indicare il fatto che era da intendersi un’estensione, e come si vedrà tra poco anche un ampliamento, della teoria della relatività ristretta ai sistemi soggetti a forze gravitazionali.

A base della nuova teoria pose il “principio di relatività generale”, secondo cui le leggi della fisica hanno la stessa forma per tutti gli osservatori, in quiete o in moto qualunque. Introducendo questo principio, lo scienziato superò il primo assioma della teoria della relatività ristretta, perché era poco sensato attribuire un privilegio agli osservatori fissi o in moto a velocità costante su traiettorie rettilinee.

Il senso del bello e la ricerca della semplicità lo portarono poi a dare della gravità una spiegazione nuova ed estremamente elegante, basandosi su due idee fondamentali: la prima affermava che la presenza di masse incurva letteralmente lo spazio-tempo; la seconda sosteneva che  i corpi soggetti alla forza di gravità devono essere considerati come corpi liberi che si muovo seguendo le geodetiche[11] dello spazio-tempo.

Senza entrare nei particolari, l’immagine che aveva in mente lo scienziato era grosso modo questa: se si considera un corpo di massa molto grande come il nostro Sole, la stella curverà lo spazio come se questo fosse un tappeto molto elastico creando un avvallamento attorno al quale la Terra ruota seguendo una particolare orbita. L’inarcamento o la deformazione di questo “tappeto” crea quella che noi percepiamo come forza di gravità: un’idea decisamente incredibile.

Questa deformazione non è soltanto limitata allo spazio, ma interessa anche il tempo. Einstein affermò che il tempo scorre tanto più lentamente quanto più vicino ci troviamo ad un corpo dotato di grande massa: ad esempio, uno stesso orologio correrà tanto più velocemente quanto più ci allontaniamo dalla superficie terrestre.

Ovviamente queste deformazioni del tessuto spazio-temporale sono sensibili solo in presenza di masse molto grandi come quelle delle stelle; la Terra ha una massa relativamente piccola che le consente di produrre deformazioni misurabili solo con strumenti di elevata sensibilità, come orologi atomici[12].

Maggiore è la massa, maggiore è la distorsione temporale. Oggi si conoscono certe stelle in cui la deformazione del tessuto spazio-temporale è talmente accentuata da determinare un considerevole rallentamento del tempo rispetto al nostro. Alcune stelle si trovano addirittura su una soglia critica: se la loro massa dovesse aumentare ancora, il tempo si fermerebbe.

Dalla Terra la superficie di una stella cosiffatta apparirebbe per­fettamente immobile, come congelata. Va detto però che non potremmo assistere allo straordinario spettacolo della sospensione del tempo perché anche la luce, che ci permetterebbe di godercelo, sarebbe come presa da torpore, tanto che la stella ci apparirebbe completa­mente nera.

Ma, da un punto di vista teorico, una stella in queste condizioni non se ne starebbe lì inerte, ma lo spazio si incurverebbe a tal punto che la stella imploderebbe fino a diventare una singolarità dello spazio-tempo, lasciando dietro di sé un buco nello spazio, un buco nero, appunto.

Un buco nero, costituisce una rapidissima via d’accesso all’eternità. Se l’astronave su cui si è imbarcato il gemello di cui si è detto poc’anzi puntasse su un buco nero, costui non solo raggiungerebbe il futuro più in fretta, ma arriverebbe alla fine del tempo in un batter d’occhio: superato un certo punto di non ritorno il tempo si ferma, mentre per il resto dell’universo passerebbe tutta l’eternità. Lo sventurato gemello si troverebbe imprigionato in una distorsione temporale e impossibilitato a tornare nel mondo esterno per il semplice fatto che tutto l’universo è già passato: la singolarità costituisce la fine di un viaggio di sola andata verso il nulla spaziale e il nulla temporale, verso un non-posto, dove l’universo fisico è venuto meno.

Albert Einstein scomparve il 18 aprile 1955. Trascorse gli anni del dopoguerra all’Institute of Advanced Study di Princeton, lavorando alla formulazione della teoria che combinasse le varie forze fondamentali in un unico modello matematico ed eliminasse le ulteriori incongruenze insite nel modello fisico dell’universo sino ad allora noto. Si disinteressò completamente alle nuove scoperte della fisica delle particelle e della meccanica quantistica, osteggiandola pubblicamente[13], e ciò forse spiega il relativo isolamento in cui lavorava.

Quando lo scienziato, ormai anziano, ebbe un collasso in casa il 12 aprile era in compagnia soltanto della sua assistente di fiducia che lo curò fino alla morte. 

Anche per l’uomo che aveva cambiato per sempre l’idea di spazio, di massa, di energia, e soprattutto di tempo, il tempo di questa vita era passato consegnandolo all’eternità.

[11] Per geodetiche si intendono le linee di minima lunghezza che connettono due punti, separati nello spazio e nel tempo.

[12] Nel 1971 alcuni scienziati usando orologi atomici al cesio, alcuni sistemati a terra, altri su aerei di linea, volando attorno alla Terra, verificarono la validità della teoria.

[13] La meccanica quantistica era, e per molti versi lo è ancora, il campo di ricerca più fruttuoso di scoperte e, come tale, il più studiato da buona parte dei fisici.

Prof. Lorenzo Scialla

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